Partiamo da un pezzo di vita vissuta: nel 2012 ho comprato un televisore smart perché capace di connettersi ad Internet e quindi in grado di rendere fruibili una serie di contenuti presenti in rete e non solo accessibili attraverso i normali canali televisivi. Possedeva nella sezione smart un’app in grado di dialogare direttamente con anche una nota pay-tv che non ho mai usato.
Tre mesi fa decido di abbonarmi a quella pay-tv e quindi usare quell’app per vederne i contenuti anche dalla televisione e non solo dagli altri device (tablet, smartphone e pc). IMPOSSIBILE! Quell’app necessitava di un upgrade non disponibile e quindi non era più utilizzabile. Per vedere tramite quell’app i contenuti della pay tv sul mio televisore avrei dovuto comprare una nuova smart tv.
Tutto questo nel decennio in cui viviamo non è tollerabile. A dir la verità non sarebbe dovuto mai esser tollerabile, ma in tempi di sostenibilità diffusa -quali quelli di oggi- è davvero sgraziato.
Vediamo allora a che punto siamo e facciamo un passo indietro.
Dove imparare a riparare lavatrici, lavastoviglie e frigoriferi?
Primo salto nel passato: nel 2012 grazie a Restart Project iniziano a diffondersi eventi per promuovere la riparazione e insegnare a praticarla. Come se fosse un’azione perduta nella memoria perché oramai trovare qualcuno in grado di riparare a costi civili è davvero difficile. Sembra insomma che sia molto più semplice cestinare e comprare il NUOVO. Infatti quando nei decenni scorsi promuovevo in Italia azioni di costruzione di reti di riparatori, da offrire come conoscenza e servizio alle comunità civili, appariva un progetto originale. Per me era solo buon senso ma probabilmente in quegli anni scellerati, il buon senso era merce rara.
Ebbene iniziano a diffondersi sia i Restart party (eventi one shot in diverse città italiane dove chiunque può portare un oggetto da riparare) che i Repair cafè nei quali, se sei curioso di capire come si smontano le cose, come si cerca il guasto e come si aggiustano i pezzi rotti, verrai coinvolto nella riparazione. Lo spirito è proprio questo: trasmettere capacità alla persona che ha portato l’oggetto, con l’idea che, la volta successiva, possa provare da sola ad aggiustare. E nei Repair cafè di solito non si aggiustano solo oggetti tecnologici.
La coalizione europea Right To Repair.
Il movimento cresce e nel 2019 nasce la coalizione europea Right To Repair che riunisce, da 16 paesi membri, quasi 40 organizzazioni pro RIPARAZIONE che spingono per vedere riconosciute, anche sul piano legislativo, le loro richieste di trasparenza e lotta all’obsolescenza programmata.
Nell’ottobre del 2019 nel pacchetto Ecodesign, adottato dalla commissione Europea, è previsto che, dal 2021, entrino in vigore nuove regole per incentivare la riparabilità dei prodotti, per ora solo alcuni elettrodomestici: lavatrici, lavastoviglie e frigoriferi (i cosiddetti “grandi bianchi”) e gli schermi, compresi quelli dei televisori. Computer e smartphone sono ancora fuori.
Questa norma è però oggetto tuttora di discussioni sulla sua applicazione (per chi saranno accessibili dati e pezzi di ricambio? Solo per i professionisti della riparazione?)
L’indice di riparabilità in Europa. Misure per limitare le pratiche di obsolescenza programmata.
Secondo salto in un passato molto recente: con l’approvazione del 25 novembre 2020 della Risoluzione UE “Verso un mercato unico più sostenibile per le imprese e i consumatori” (2020/2021(INI) il Parlamento Europeo invita la Commissione ad adottare misure per limitare le pratiche di obsolescenza programmata. Questo significa garantire ai consumatori lo smontaggio, la riparabilità e l’allungamento della vita utile di prodotti elettrici ed elettronici.
La risoluzione UE prevede una serie di prescrizioni per le case produttrici tra cui l’introduzione di un’etichetta obbligatoria, ben visibile in grado di fornire informazioni sul grado di riparabilità e sulla durata dei prodotti. Questa nuova etichetta dovrebbe includere un “punteggio di riparabilità”, che assumerebbe la forma di un indice delle prestazioni ambientali, tenendo conto di diversi criteri nell’arco dell’intero ciclo di vita dei prodotti in funzione della categoria di prodotto.
E in Francia da gennaio di quest’anno è già in vigore il primo indice di riparabilità in Europa. Si tratta di un punteggio, su scala da 1 a 10, riportato sull’etichetta energetica dei seguenti cinque prodotti: smartphone, computer portatili, televisori, lavatrici e tagliaerba. Viene assegnato sulla base di criteri quali le informazioni fornite dalla casa produttrice (manuali di istruzione, schemi tecnici, ecc.), la facilità di disassemblaggio, la disponibilità dei pezzi di ricambio e il rapporto fra il loro prezzo e quello del prodotto intero.
Le linee guida sulla riparabilità.
Arriviamo al 2021: con l’approvazione del Parlamento nel 2021 dell’Action Plan del Marzo 2020, la Commissione dovrà presentare una nuova legislazione nel 2021 e quindi recepire le linee guida sulla riparabilità e renderle operative. Tale approvazione chiede anche che venga estesa, entro il 2021, la direttiva ecodesign (2009/125/C) ai prodotti non connessi all’energia.
Il Parlamento Ue ha anche chiesto norme volte a fornire a tutti i partecipanti al mercato un accesso gratuito alle informazioni necessarie per la riparazione e la manutenzione, comprese le informazioni sui pezzi di ricambio e gli aggiornamenti software (ferma restando la direttiva 2016/943/Ue sulla protezione delle informazioni commerciali).
In sostanza….tante promesse all’orizzonte.
Io mi auguro che si possa davvero un giorno scegliere prodotti sinceri, capaci di dirci, quando li compriamo, quant’è stimata la loro durata di vita, lasciando alla nostra coscienza la possibilità di scegliere anche tra durata e costo, se questi due fattori fossero destinati a viaggiare separatamente. Se poi si arrivasse a poter scegliere prodotti duraturi e contemporaneamente competitivi sul prezzo tanto meglio.
Una cosa certa è che tocca a noi in un mondo così saper fare le scelte giuste!
Riqualificazione di apparecchi elettronici obsoleti come soluzione creativa per ridurre la produzione di rifiuti elettronici.
A chiusura due piccole azioni che mi hanno colpito:
Samsung Electronics che ha annunciato l’ampliamento del programma Galaxy Upcycling con l’iniziativa Galaxy Upcycling at Home, per dare nuova vita ai vecchi smartphone, convertendoli in dispositivi IoT (Internet of Things) di vario genere grazie a un semplice aggiornamento software. Gli utenti cioè potranno trasformare con un solo gesto i vecchi dispositivi Galaxy in apparecchiature intelligenti per la casa, come baby monitor, soluzioni per gli animali domestici o altro
perché il programma Galaxy Upcycling at Home rende fruibili funzionalità avanzate di controllo luminoso e sonoro, grazie a una riprogrammazione dei sensori integrati nei dispositivi.
L’impresa sociale di Amsterdam Fairphone produce uno smartphone modulare e durevole, realizzato il più possibile con metalli estratti in Africa in condizioni di lavoro dignitose e riducendo i danni ambientali.
Fairphone si occupa dell’aggiornamento dei moduli e delle riparazioni in modo da farlo durare il più possibile, occupandosi anche dello smaltimento ad alto tasso di recupero dei componenti. E, come ci ricorda Marco Morosini nel suo ultimo libro “Snaturati”, nel 2014 quando intervistò il presidente Bas van Abel, apprese che l’intento di Fairphone non era commerciale ma dimostrare ai giganti dell’elettronica che è possibile costruire con maggiore responsabilità sociale ed ecologica un dispositivo ad alta tecnologia.
Illustrazione originale di Roberto Rubini.
Chi è Irene Ivoi? Conoscila nella nostra intervista qui.