Pezzi di contenuto virale perlopiù umoristico, i meme sono uno strumento di comunicazione digitale ubiquo ed in continua evoluzione. Figli dell’estetica internet anni 2000, i meme sono una sintesi grafica di idee e concetti che dà forma al discorso personale e sociale su internet. Uno strumento per condividere pensieri, sentimenti, battute e idee. Li troviamo intriganti perché vi ci riconosciamo e condividendoli possiamo raccontare qualcosa di noi in maniera ironica ed immediata.
Come spesso accade con le forme di comunicazione popolare, non ci è voluto molto prima che il mercato e la politica ne capissero il potenziale cercando di appropriarsene. I meme sono oggi uno strumento chiave nella perpetua campagna vendita ed elettorale che si gioca sui social network. Ma cosa sono veramente i meme? Da dove arrivano?
Quelle che ad uno sguardo superficiale possono sembrare semplici vignette del XXI secolo nascondono un quadro semantico complesso e in continua evoluzione, che racconta molto della nostra società e del suo modo di comunicare.
Evoluzione del meme
La preistoria dei meme può essere ricondotta allo Smiley, il simpatico pallino giallo sorridente inventato negli anni ’60 e declinato in infinite varianti. Fino agli anni ’90 se ne trovano ovunque: magliette, portachiavi, tazze. Un’icona internazionalmente intelligibile, un modo di comunicare che travalicava la barriera linguistica.
Con l’avvento degli sms, le faccine create con la punteggiatura sono diventate un’appendice funzionale alle comunicazioni forzatamente stringate dell’epoca. Gli emoticons manifestavano in modo primitivo le caratteristiche dei meme futuri: una comunicazione non verbale ironica e post-ironica che lasciava un margine di personalizzazione e plasmabilità grafica.
I meme come li intendiamo oggi (cornici per fare delle battute con un elemento fisso e uno variabile) esplodono nei primi anni 2000, nei forum della sottocultura nerd americana. Forse si ricorderà uno dei primi filoni diventati mainstream all’epoca: i Rage Comics, volti disegnati sommariamente con Paint, usati per comunicare emozioni e stati d’animo.
I meme diventano un meccanismo di coping e un’inner joke della comunità internet. Un modo per esorcizzare ansia, rabbia e scherno. La condivisione autoironica di uno stato d’animo senza risultare pesanti. Una faccina derisoria per rispondere a sproloqui politici online o fatti d’attualità. Una sfumatura emotiva divenuta parte integrante del nostro linguaggio in chat, sui social e persino nell’oggetto delle email, come raccontammo in questo articolo.
Il meme mainstream e la viralità
Il motivo per cui i meme sono usciti da forum come 4chan e Reddit per diventare strumenti mainstream sta nella loro potenza comunicativa. I meme sono semplici e diretti. Il meme è un segno, un significante sintetico e digeribile di un significato più complesso ed elaborato. La sua capacità di sintesi è la chiave del suo successo in epoca digitale. Il meme è una forma di comunicazione pratica ed efficace che permette di impacchettare opinioni socio-politiche complesse in vignette concise e facilmente condivisibili. Per questo motivo la comunicazione politica degli ultimi 10 anni, particolarmente quella di destra, ha cercato di usarli a proprio favore (con risultati altalenanti). I meme sono facilmente modificabili e condivisibili. Bastano infatti competenze grafiche minime e pochi clic per modificare una base memetica o un’immagine buffa e adattarla ai propri scopi comunicativi. L’aspetto di personalizzazione è l’essenza stessa dei meme. Facebook e i social media hanno fatto il resto, rendendo i meme un fenomeno comunicativo globale.
Lo studio della memetica
Arrivati a questo punto pare chiaro che, come spesso accade, sotto alle “cose dell’internet” si nasconde un universo comunicativo stratificato, con implicazioni teoriche che spaziano dalla semiotica ai cultural studies e dalla filosofia all’arte. A livello internazionale se ne occupa Seong-Young Her (fondatore di The Philospher’s meme) che sostiene che i meme rappresentano l’eredità spirituale del situazionismo. In Italia ne ha scritto Alessandro Lolli (La guerra dei meme. Fenomenologia di uno scherzo infinito, Edizioni Effequ, 2020), che dice:
“I meme si relazionano ai discorsi, ai propri mezzi espressivi e alla modernità come delle avanguardie, gettando sempre uno sguardo obliquo. Il situazionismo è una delle esperienze più vicine alla sottocultura memetica, ma potremmo anche citare il dada.[…] È raro che i meme facciano satira su un’evento in sé: semmai è vero che il referente reale si perde, e l’immagine acquista una vita propria come segno declinabile dialetticamente.”
Perchè i meme secondo noi sono arte
Forse a prima vista i meme possono sembrare tutto tranne che arte con le loro immagini in bassa combinate con lettering casuale. Ma i meme sono espressione della cultura popolare, una forma d’arte collaborativa. Dove la contaminazione di mainstream e underground, variante della proverbiale fusione tra alto e basso, è una cifra stilistica comune. Una forma d’arte figlia dell’estetica di internet che non è più solo mezzo di comunicazione, ma un mondo che ha ormai una sua storia e persino una propria tradizione artistica. I meme ci piacciono purché sono un contenuto che nasce all’intersezione tra la vignetta umoristica e il rebus enigmistico. Per capirne l’ironia è necessario ritrovarsi in un dato contesto semantico, dobbiamo essere sul pezzo con quel fatto d’attualità o con l’ultima uscita di quel personaggio pop. Attraverso i meme ci riconosciamo parte di un gruppo con cui condividiamo l’inside joke, la battuta non per tutti. E da comunicatrici ci piacciono perché sono la quintessenza di internet: un pezzo di informazione partecipativa, ironica e ipercondivisibile
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