Con Irene Ivoi, una delle consulenti più esperte di economia circolare in Italia, nasce un nuovo appuntamento sul nostro blog. Ci è sembrato opportuno approfondire tematiche che riguarderanno sempre più la vita delle persone ma anche e soprattutto delle aziende. C’è infatti molta confusione su concetti complessi come la sostenibilità, la gestione dei rifiuti, il risparmio energetico o le opportunità per le aziende in ambito di CSR.
Irene Ivoi ci è piaciuta subito. E’ competente, leale e super creativa. L’abbiamo intercettata al Salone della CSR e dell’innovazione sociale e già dal nostro primo incontro è nata una sottile alleanza per fare più cultura e più chiarezza su un nuovo modo di fare impresa: impattando il meno possibile sull’ambiente e sulle persone.
Con un appuntamento mensile, Irene Ivoi ci accompagnerà nella scoperta del nudge, una metodologia gentile per cambiare un comportamento, dei trend in fatto di sostenibilità, di come attuare una trasformazione in azienda e molto altro ancora.
Conosciamola allora, in questa bella chiacchierata di inizio anno.
Partiamo da te, chi è Irene Ivoi?
Diciamo che io sono un mancato designer, nel senso che mi sono laureata in Industrial Design nel 1992 ma ho scelto di non disegnare prodotti. All’epoca non si parlava ancora di design strategico o design dei servizi. Il designer era inteso solo come product designer e io da questo punto di vista ho “tradito” tutto quello che avevo studiato perché ho deciso di progettare non la nascita ma la morte degli oggetti, quindi come finiscono.
In quegli anni c’erano fin troppi designer impegnati e affannati nel far nascere qualcosa. Era molto meglio occuparsi di un ambito che gli altri non avevano visto e capito quanto fosse importante.
Sei stata molto lungimirante!
Io dico sempre che è stata fortuna. Non ero certa che tutto questo sarebbe stato così importante in futuro. Anzi, occuparsi di queste cose negli anni 90 significava anche essere degli sfigati perché il mondo ti guardava come chi difende una causa persa. Non è stato divertente… è stato faticoso perché ti tocca guardare il mondo sempre da un punto di vista apparentemente ostile alle logiche imperanti. Io ero quella che stava sempre dall’altra parte e in quegli anni non c’era l’attenzione alla sostenibilità che c’è oggi. Quindi chi stava dall’altra parte veniva considerato un alternativo sfigato, altro che pensiero laterale, per la serie che vuole questa?
Poi a un certo punto hai scoperto qualcosa che ti ha acceso una lampadina: il nudge. Come sei arrivata a occuparti di nudge?
Il nudge l’ho scoperto come teoria della cosiddetta psicologia comportamentale ed economia comportamentale solo da pochi anni. Quando ho iniziato a lavorare e a pensare il mio futuro professionale, il nudge non esisteva come teoria accreditata. Il nudge diventa noto in particolare nel 2008 con il libro “La spinta gentile” di due autori americani, Richard Thaler e Cass Sunstein. Dopo aver conosciuto questa teoria ho riflettuto sulle cose che ho fatto nella mia vita professionale e ho capito che stavo usando anche delle metodiche di nudge. Ad esempio per cambiare i comportamenti dei consumatori cercando di dare loro la possibilità di scegliere prodotti e servizi alternativi, più sostenibili. Ne ho parlato anche di recente in occasione del mio TEDx.
Spiegaci meglio in cosa consiste il nudge, come lo definiresti per chi è nuovo?
Lo definirei come quell’insieme di scelte che si possono offrire al target a cui ti stai rivolgendo per cambiare il suo comportamento. Puoi farlo utilizzando sostanzialmente 4 ingredienti base: parole, modificazioni di un contesto o di un prodotto da riprogettare, usando l’opzione di default e dando l’esempio, agendo cioè sulla cosiddetta norma sociale o effetto gregge. Sono tutte opzioni che lasciano sempre le persone libere di scegliere, non obbligano nessuno.
Raccontaci qualche esempio per far capire come si traduce il nudge in pratica?
Facciamo un esempio di prodotto. Ho citato di recente un doccino che dopo 7 minuti cambia colore e serve a farti capire che sono passati 7 minuti e tu sei ancora sotto la doccia. A quel punto puoi decidere di proseguire oppure affrettarti per risparmiare acqua.
Mentre un esempio di “nudge di default”?
Un esempio di nudge basato sul default è l’abbonamento a servizi tipo teatro, palestra, la tessera cinema che si rinnovano automaticamente. Agiscono sulla pigrizia e sullo status mentale delle persone: il rinnovo automatico evita all’utente di doversi re-iscrivere, generando un incremento dei rinnovi anno dopo anno.
E’ come le stampanti che vengono preimpostate con modalità fronte retro, senza fare nulla hai già un risparmio di carta automatico.
Ci stiamo appassionando… Vuoi farci anche un esempio di “nudge con parole e norma sociale”?
Nei campus inglesi e statunitensi sono stati fatti diversi esperimenti per ottenere un risparmio energetico e favorire comportamenti migliori da parte degli studenti, come ad esempio spegnere i computer.
Una delle tecniche utilizzate consisteva nell’apporre dei cartelli che dicevano “Quelli del campus vicino hanno già risparmiato il 35% dell’energia elettrica in un anno spegnendo i computer”. Questo mettere a confronto due gruppi sociali con un esempio in positivo favorisce il comportamento di emulazione. Io sarò più incentivata a spegnere il computer se so che quelli del campus accanto già lo fanno e hanno ottenuto ottimi risultati.
Come può collaborare il nudge per attivare comportamenti più sostenibili?
Il nudge nasce per generare comportamenti positivi a lungo termine. Anche per questo il mondo della sostenibilità è attratto dal nudge, perché per quel fine può essere molto efficace.
Stiamo vivendo un periodo di restrizioni, secondo te il nudge potrebbe essere utile per aiutare le persone a rispettare queste regole rigide?
Mi verrebbe da dire sì, anche se il periodo che stiamo vivendo ci sta dimostrando che un po’ di regole siano necessarie. Quindi per quanto dibattute, spesso osteggiate, anche negate dai negazionisti, rispetto alla gravità di questa situazione non so fino a che punto si possa agire solo con delle tecniche di nudge.
Passando al mondo impresa, quanto il nudge è collegato alla creatività?
Se progetti il nudge mettendo insieme “cervelli distratti” e quindi distanti, per cui creativi, riesci a ottenere degli effetti forti, un po’ disruptive. Secondo me l’arte, il design, la musica, i profumi, il saper mescolare dei linguaggi/strumenti diversi per progettare un nudge può renderlo molto più potente. E quindi ben vengano creatività diffuse nella progettazione di un nudge.
Il nudge in azienda, in che modo può modificare il mindset delle imprese?
La strategia aziendale per avere successo deve esser allineata alla cultura aziendale, che a sua volta genera comportamenti specifici. Per favorire quelli positivi, oltre agli incentivi economici, può essere utilizzato il nudge. Uno degli esempi più efficaci è l’affermazione del leader, o altre persone in azienda, tanto da costituire la norma sociale dell’impresa. In questo modo il mindset si allarga aldilà degli incentivi economici e si focalizza sui comportamenti, non solo sui risultati quantitativi.
Qual è quella cosa che non hai fatto nella tua vita e che vorresti ancora fare?
Te ne dico tre:
- se non avessi già scritto dei libri, di sicuro questo è il momento in cui mi piacerebbe scriverne un altro,
- potrà apparire molto limitato ma vorrei imparare MOLTO bene l’inglese, trovare tempo e pazienza per collocarmici senza incertezze.
- visitare il parco del Lençóis Maranhenses
Il tuo libro del cuore?
“I pilastri della terra” di Ken Follet. Invidio tutti quelli che non lo conoscono, hanno davanti un’opera straordinaria da scoprire.
“L’eleganza del riccio” è un altro must.