Teresa De Martin e Lucia Borso ci raccontano come è nato il nuovo modello di delivery solidale.
Si definiscono il primo delivery solidale ed etico di Milano, sono nati nel 2020 e in meno di due anni possono dire di aver raggiunto il loro primo obiettivo: aver fondato un modello di delivery alternativo che aiuta le comunità, restituisce dignità e valore ai rider, rispetta l’ambiente. Vi pare poco?
A noi è bastata questa dichiarazione di intenti per sostenere So.De fin dall’inizio, quando ancora nessuno aveva aperto un varco nel mondo del delivery mettendo al centro l’etica.
Ma partiamo dall’inizio, abbiamo ripercorso l’evoluzione di questa intuizione con Teresa De Martin e Lucia Borso, entrambe co-fouder di So.De.
Chi è il gruppo che ha fondato So.De?
Il progetto So.De nasce nel 2020 in piena pandemia da un gruppo di persone che avevano già dato vita a Rob de Matt, un bistrot e associazione nel quartiere di Dergano che ha come mission l’inclusione lavorativa e sociale di ragazze e ragazzi con disagi psichici, rifugiati politici, migranti in difficoltà, ecc. Da qui nasce un gruppo di progettazione formato da sette professionisti di vari settori uniti dall’idea di progettare soluzioni a vantaggio della comunità locale.
Da dove nasce l’idea di un delivery solidale?
Quando è scoppiata la pandemia Rob de Matt ha dovuto chiudere l’attività. Il bistrot si è reinventato come centro di produzione e distribuzione di cibo e pasti caldi ai senza tetto e alle famiglie in difficoltà insieme alla Croce Rossa. In poco tempo, Rob de Matt è riuscito a raccogliere più di 100 volontari per le consegne porta a porta alle famiglie in difficoltà. E questa è stata la prima scintilla.
Un altro elemento chiave sono state le rivendicazioni dei rider delle grandi piattaforme, che durante la pandemia hanno guadagnato grande visibilità perché erano i pochi che potevano attraversare le strade della città. Ci siamo avvicinati ai comitati organizzati dei rider cercando di capire i loro bisogni e come potevamo contribuire.
Sarebbe stato più semplice appoggiarsi ai colossi della home delivery…
Certamente, ma Rob de Matt e le botteghe di quartiere che avevamo intercettato non volevano chiudere l’attività e allo stesso tempo non volevano aderire alle grandi piattaforme di delivery. Ci siamo chiesti: quali alternative ci sono ai grandi soggetti della consegna a domicilio? Come creare dal basso soluzioni più sostenibili?
Così è nata So.De, un progetto molto ambizioso perché non arriviamo dal mondo della logistica, ma da quello dell’innovazione sociale. Sviluppare un sistema di consegne in controtendenza con il modello attuale è stata una bella sfida.
Ok, idea super quella di un delivery solidale, ma come avete fatto a partire?
Abbiamo partecipato al bando del Crowdfunding Civico del Comune di Milano, che funziona così: se raggiungi attraverso la raccolta fondi un traguardo prefissato (il nostro era di 25 mila euro), il Comune finanzia il progetto con il restante 60% del budget complessivo.
Abbiamo raggiunto e superato l’obiettivo grazie ai 550 donatori e donatrici che hanno sostenuto il progetto e così abbiamo dimostrato che esiste una community sensibile a questo tema.
Parlateci del nome, So.De: cosa ci racconta questo acronimo?
Sociale perché riconosciamo ai nostri ciclofattorini/e il loro ruolo professionale all’interno della comunità. Forniamo tutte le tutele e le formazioni sulla manutenzione della bici, sul codice della strada ma anche corsi per una comunicazione efficace. L’idea è quella di aprire più hub So.De per creare piccole flotte che si muovono nei quartieri e che siano riconoscibili, dei veri e propri punti di riferimento.
Solidale perché sosteniamo i negozi e gli artigiani di prossimità, le librerie indipendenti, i ristoranti etici ecc. privilegiando la consegna dei loro prodotti. Oltre a questo con So.De portiamo pasti alle famiglie in difficoltà. Siamo all’interno del programma di recupero del cibo invenduto Food Policy, un modello di recupero e ridistribuzione degli alimenti in eccesso sviluppato dal Comune di Milano, Assolombarda e Politecnico di Milano.
Sostenibile perché cerchiamo di minimizzare l’impatto ambientale usando solo bici e cargo bike muscolari o elettriche. Anche l’abbigliamento dei ciclofattorini e le loro forniture sono realizzate con materiali riciclati e sostenibili.
So.De è nato come progetto di quartiere e ora si sta allargando…
Sì, la campagna di crowdfunding ci ha dato modo di avere un’eco mediatica per raccontare il progetto a vari livelli, sia istituzionali che commerciali. Soprattutto ci ha aiutati ad accendere una lampadina sull’ultimo miglio e intercettare il bisogno di delivery solidale.
Sono sempre di più le persone attente a valori come l’impatto ambientale e la dignità nel lavoro che chiedono consegne in linea con questi due principi. Dobbiamo far sì che tutta la filiera, e non solo il primo pezzo, sia sostenibile.
Come pensate che possa affermarsi sempre più un modello di delivery sostenibile come il vostro?
C’è un percorso di consapevolezza da fare. È lungo e deve essere fatto in modo più massivo con l’aiuto di aziende medie e grandi, che scelgono di dare un segnale forte in questo senso.
La consegna va valorizzata, c’è un grande lavoro dietro che va raccontato e la via migliore è fare rete.
Con Ikea Italia avete dimostrato che la micromobilità dell’ultimo miglio è possibile.
Assolutamente sì. La prima richiesta è stata di sviluppare consegne sostenibili in cargo bike nell’ultimo miglio. È un modello di mobilità intelligente per limitare l’ingresso in città di furgoni inquinanti.
La città di Milano è stata apripista per la sperimentazione insieme a Ikea Italia delle consegne a casa dei clienti tramite cargo bike per i pacchi fino a 30 kg.
Quante persone fanno parte della flotta So.De?
Ad oggi nel nostro team ci sono 10 ciclofattorini/e assunti, ma stiamo crescendo di mese in mese. Stiamo incrementando pian piano le consegne dei prodotti per aziende, case editrici, botteghe di quartiere, ristoranti etici e tante altre interessanti realtà con cui stiamo iniziando a collaborare.
Progetti futuri di So.De?
Moltissimi! Prima di tutto aumentare il numero di hub sulla città di Milano: a quello sui Navigli, infatti, si vanno ad aggiungere due nuovi spazi per So.De a Dergano e a Corsico. Avere più hub logistici significa facilitare il lavoro dei ciclofattorini/e e delle nostre aziende clienti e rendere il servizio sempre più efficiente. Stiamo anche interloquendo con alcune piccole realtà di delivery etico in altre città d’Italia per sviluppare il Social Delivery in altri territori.
Miriamo inoltre a coinvolgere sempre più aziende clienti, che vogliano affidarsi a un sistema dell’ultimo miglio trasparente, affidabile e sostenibile.
Vogliamo poi sviluppare ulteriormente il nostro impatto sociale, implementando il progetto di consegna di pacchi alimentari alle famiglie in difficoltà di Milano (di cui abbiamo già fatto due sperimentazioni) e aumentando il numero di percorsi di inclusione lavorativa all’interno della nostra impresa sociale. Infatti, ad oggi, il 30% dell’organico di So.De è composto da giovani che provengono da contesti cosiddetti “svantaggiati”: crediamo molto in questi percorsi, che vanno dalla formazione all’inserimento lavorativo di persone che generalmente faticano ad accedere a un posto di lavoro dignitoso.
A Corsico siamo stati coinvolti nel progetto “Second Life Building”, lo spazio polifunzionale che accoglie persone rifugiate e profughe, nato dalla collaborazione di Ikea Italia, il Progetto Arca e altre associazioni locali.
Se vuoi farti ispirare da altre donne straordinarie che amano viaggiare in bicicletta non perderti l’intervista a Ilaria Fiorillo alias milano_in_bicicletta e la storia di Christine.
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