Quando decidemmo con Sottosopra di provare a sintetizzare un punto di vista sull’impatto della comunicazione digitale, l’argomento mi sembrò molto originale. Talmente originale che ci chiedemmo se avremmo trovato dati per esprimere una sintesi sensata.
Usare mezzi di comunicazione digitali non è un pasto gratis
I mezzi che adoperiamo quando siamo connessi ci consentono di comunicare, divertirci (giocare), fare shopping, intrattenerci con contenuti video e film, sport e musica, interagire con gli altri (i social), lavorare, viaggiare agilmente, acquisire informazioni di qualsiasi genere (navigazione internet).
Dietro questi consumi, esistono dei server che utilizzano energia, sono fatti di materia (anche preziosa) e necessitano di raffreddamento (devono cioè operare in condizioni climatiche adeguate). Quindi la prima fonte di impatto risiede nella operatività della connessione.
Poi ci siamo noi, che non siamo solo consumatori ma anche produttori, attivi e instancabili, di contenuti digitali (TikTOK, video messaggi, foto sui social, ecc).
Avete notato che le pubblicità degli smartphone tutto mostrano salvo che gente che parla al telefono?
Ce la ricordiamo la pubblicità della TIM che mostrava Massimo Lopez, condannato a morte, che esprime un ultimo desiderio? UNA TELEFONATA.
E quindi una telefonata ti allunga la vita.
Ebbene, roba da secolo scorso!
Oggi si fa di tutto pur di dribblare una telefonata: perché è più semplice scrivere o registrare messaggi vocali.
Peccato che tutto questo abbia maggiori impatti in termini di CO2 rispetto a una normale telefonata o un antico sms (forse mio nipote manco sa cosa sia).
La pandemia ha poi accresciuto accesso e consumo di dati digitali perché ha traslocato tanti eventi sulla rete. Punto3 ha elaborato una valutazione, prendendo in considerazione varie fonti, su impatti di eventi fisici e online. Questi ultimi appaiono molto meno pesanti (per fortuna) in termini di emissione di CO2.
Ma noi restiamo in prima linea con i nostri click spensierati che, tra video, film, foto e messaggi vocali, ci semplificano (apparentemente) l’esistenza: ma non sono privi di colpe sull’ambiente.
L’impatto della comunicazione digitale parte dal click
Uno studio della Purdue University, Yale University e Massachusetts Institute of Technology (Mit), riportato su vari media nazionali quest’anno, ha analizzato sia lo sfruttamento delle risorse naturali sia l’impronta di carbonio della Rete partendo da alcuni esempi concreti.
Per esempio, pare che un’ora di videoconferenza o streaming emetta fra 150 e mille grammi di anidride carbonica. Tutto cambia però se si fa a meno delle immagini. Se poi mandi un’email in aria entrano 4 gr di CO2 che possono arrivare a 50 se alleghi foto o pdf.
Insomma, i dati che circolano sono parecchi e anche le variabili in gioco. Per chi vuole approfondire si consiglia questa review della BBC e il think tank francese The shift Project, con il report Lean ICT del 2019. Vale uno sguardo anche il «Carbonalyser», calcolatore per visualizzare il consumo di elettricità ed emissioni di gas a effetto serra durante la navigazione in Internet (utilissimo per farsi un’idea più precisa di quale sia il nostro impatto digitale sull’ambiente).
Per non dimenticare
Alle fonti di emissioni finora elencate, si aggiungono quelle date dalla nostra perenne distrazione (nonché pigrizia) nel lasciare alimentatori inseriti nelle prese. Tutto questo significa consumo di energia che si disperde. Ma quanti se ne rendono conto? Pochi, davvero pochi.
Non a caso Nen, per esempio, con il Robo registra queste dispersioni di energia e ricorda intelligentemente ai propri clienti quanto potrebbero risparmiare (in primis sulla bolletta ovviamente).
Nel computo degli impatti della comunicazione digitale bisogna poi anche collocare, ahinoi, la nostra non brillante performance, a livello nazionale, nell’avviare a corretta raccolta differenziata i vari device digitali che usiamo per comunicare.
Una recente indagine di Capgemini ci ricorda per esempio che “meno di una impresa su cinque (18%) è dotata di una strategia di IT sostenibile ad ampio spettro”. Questo ci dice che le imprese, chiamate sempre più ad assumere comportamenti allineati alla sostenibilità, possono su questo fronte migliorare ancora ed essere così sempre più di esempio.
E un’altra ricerca a cura di Erion e Ipsos ci dice che la metà di noi non conosce il significato di RAEE (tutti i rifiuti da apparecchiatura elettrica ed elettronica, smartphone e pc inclusi) e le giuste modalità per conferirli a fine vita. Raggiungere quindi una raccolta annuale di 10 kg/abitante (oggi siamo a poco più di 6 kg) è non rimandabile anche per poter avviare a riciclo questi prodotti e i materiali preziosi di cui spesso sono costituiti, e che diversamente si disperdono.
Tra gli impatti ambientali quindi della comunicazione digitale ci sono anche i mancati recuperi dei device che la rendono possibile.
Questo affresco sulla comunicazione immateriale, solo apparentemente senza colpe, ci insegna che nessun territorio del progettare e agire è orfano di responsabilità quando entra in gioco la misurazione degli impatti ambientali.
I consigli per ridurre l’impatto della comunicazione digitale
Ma non perdiamoci d’animo. Possiamo agire con meno spensieratezza e questi sono alcuni piccoli consigli davvero a prova dei più distratti.
- Spedire via chat e mail dei mega file consuma molta energia meglio wetransfert
- Usare i link invece degli allegati
- inviare (solo) foto utili su WhatsApp, di inutili ne girano troppe: i messaggi inviati via WhatsApp o Messenger hanno un impatto poco superiore alle email ma la loro quantità è ben maggiore. Ovviamente allegati, foto e anche emoji spediti fanno la differenza.
- Usare la videochiamata solo quando necessario,
- Visto che in media possediamo più di un dispositivo tra PC, tablet e smartphone meglio non duplicare gli archivi né i backup su più cloud: non è necessario e raddoppia lo spazio di memoria occupato e dunque il consumo di energia,
- Salvare solo le email importanti per avere una inbox più pulita: su molti PC e cellulari ci sono valanghe di e-mail che occupano spazio sia sul dispositivo che sui server.
Illustrazione originale di Roberto Rubini.
Chi è Irene Ivoi? Conoscila nella nostra intervista qui.