Abbiamo conosciuto Davide Pantaleoni per un puro caso di omonimia. Un’amica, Michela Sechi, ci ha segnalato la sua SottoSopra Onlus, una ONG che opera in Malawi, e abbiamo deciso subito di contattarlo (anche per sapere perché avesse scelto proprio questo nome!).
“SottoSopra indica un nuovo modo di guardare il mondo,
è la provocazione a rivedere l’attuale ordine politico ed economico, capovolgerlo, per sostituirlo con il ‘caos’ di un nuovo assetto umano e civile”.
Questa frase, presente anche sul loro sito, racchiude un concetto che è ricorso spesso durante la nostra chiacchierata telefonica con lui.
Parlarci è stato sufficiente per comprendere subito la sua estrema sensibilità e profondità d’animo.
Nel corso della telefonata, durata quasi un’ora, ci siamo commosse, abbiamo riso, fatto tantissime domande, ascoltato.
Ecco, soprattutto ascoltato, per scoprire più cose possibili su questa onlus.
Davide ha un mare di cose da raccontare, sull’Africa, sul Malawi, su una cultura così lontana e diversa da quella cui siamo abituati.
Saremmo state a sentirlo per ore. E alcune delle domande che ci eravamo preparate, le abbiamo dimenticate mentre Davide raccontava del Malawi, e gliene abbiamo fatte molte altre.
Ci è voluto un po’ per mettere mano a quest’intervista, perché si sa, per certe cose, occorre che arrivi il momento giusto, ma siamo davvero molto, molto felici, di ospitare oggi sul nostro blog, Davide e la sua SottoSopra Onlus.
Sarebbero tante le cose da dire sull’immenso lavoro che lui, sua moglie, i donatori e l’associazione fanno ogni giorno, ma il rischio di cadere nella retorica, è altissimo.
Proviamo a far “parlare” lui nelle risposte che ci ha dato la mattina dell’intervista, quando ad alcune di noi ha aperto letteralmente un mondo, facendoci sentire, almeno con il cuore, in un paese lontano lontano.
E come ci ha detto Davide: “alla fine forse non cambieremo il mondo, ma anche se cambieremo la vita di una sola persona, avremo fatto molto”.
Chi era Davide in Malawi?
Sono nato e cresciuto in Malawi, dove ho creato la mia “persona”.
Mia mamma era di lì, mio papà italiano. A 21 anni sono partito e in Italia ho conosciuto mia moglie. Negli anni Ottanta, appena sposati, abbiamo deciso di trascorrere proprio nel mio paese d’origine il nostro viaggio di nozze, durato quaranta giorni. Quando vedi l’Africa, non rimani indifferente: mia moglie è rimasta molto colpita, appena tornati in Italia mi ha detto “facciamo qualcosa”.
Quando è nata la Onlus?
Per anni ho lavorato in una fabbrica in Umbria, che è fallita nel 1998.
Nel 2002, mia moglie lavorava, i figli erano grandi e così abbiamo deciso di seguire questo “piccolo sogno” di un progetto in Africa.
Nel 2003 ho iniziato a fare due mesi lì e due mesi in Italia, che fosse per una raccolta fondi per una scuola o per un villaggio, condividendo il più possibile con i nostri amici l’esperienza e la conoscenza apprese durante i nostri viaggi. Abbiamo iniziato tutto con il passaparola e nel 2004 abbiamo registrato la Onlus. Negli anni oltre 300 persone sono venute con me in Malawi, per vedere con i loro occhi cosa facciamo, prima di decidere se prendere parte o meno al progetto. Faccio vedere loro come viviamo, le bellezze del paese, cerco di avvicinarli alla cultura e alle tradizioni locali e spesso ci riesco: solo 4 o 5 persone non sono mai tornate.
Cosa avete realizzato per i villaggi finora?
Siamo una piccola associazione (registrata anche in Malawi dov’è riconosciuta dal Governo come ONG), la bellezza è proprio quella: il gruppo nato allora è rimasto quello, appunto tanti arrivano ma pochi se ne vanno.
Siamo in un distretto con 650mila persone, abbiamo costruito scuole (di cui una primaria per 2400 ragazzi), asili per 50 bambini orfani che cresciamo dal 2003 e abbiamo formato come elettricisti e muratori. E poi 42 pozzi di acqua potabile per altrettanti villaggi dove questa non arrivava.
Come costruite tutto ciò?
Noi desideriamo che i soldi raccolti continuino a circolare nella comunità, senza appoggiarci a nessuno fuori, per creare un cerchio e un flusso continuo. Vogliamo che le persone siano “utili” per il gruppo: i nostri ragazzi sono formati e stipendiati nel momento in cui iniziano a lavorare.
Spesso alcuni di loro, terminati gli studi, lasciano il Malawi per rincorrere stipendi da 1500 euro anziché da 400. Io provo a tenerli, almeno i primi anni, ma spesso li vedo partire e non posso fare molto. Chi torna dopo 3 o 4 anni, guarda i progressi fatti nel frattempo e dice “questo è un miracolo”.
Quest’anno si è laureato il primo medico chirurgo che seguiamo da quando aveva 6 anni, per me è stata una soddisfazione incredibile.
Quali sono le urgenze o gli obiettivi del momento?
Mesi fa un ciclone ha colpito alcune zone del Malawi, del Mozambico e dello Zimbawe e ha distrutto quasi tutto. Quest’anno sarà dura e difficile.
Come Associazione stiamo costruendo delle piccole abitazioni per le persone anziane che hanno perso la loro casa. Certo, sono perlopiù capanne anche se le costruiamo con mattoni e cemento, ma per loro sono belle tanto quanto una casa vera.
Questa è l’urgenza primaria attualmente: donazioni per questa causa e beni di prima necessità.
(qui trovate tutte le indicazioni per fare una donazione, ndr)
Quando torni dall’Italia, porti regali agli abitanti dei villaggi?
Spesso sono carico di regali per i bambini, anche se la cosa migliore sarebbe spendere i soldi direttamente in Malawi, a pochi chilometri dal villaggio è possibile fare la spesa e si trova quasi tutto. Questo perché sarebbe meglio comprare oggetti o accessori che possano essere condivisi, come libri, quaderni, vestiti, per evitare di dover scegliere pochi bambini (tra i duemila presenti) a cui dare il regalo ed escludere gli altri.
Come si può “entrare” a far parte di SottoSopra Onlus?
È un progetto impegnativo, il viaggio stesso lo è.
Noi non siamo interessati a favorire semplicemente il turismo: vogliamo far conoscere il paese a chi vuole intraprendere quel viaggio con noi e vogliamo assicurarci che le persone coinvolte condividano il nostro stesso pensiero, in particolar modo quello di condividere un progetto o una visione comune. Solo così si può costruire davvero qualcosa.
Non è un viaggio qualsiasi, va capito prima di partire, per questo organizziamo una giornata formativa prima, e una volta lì, ospitiamo i volontari nella “SottoSopra House” una ex dimora inglese, immersa in mezzo alle piantagioni di tè, a mille metri di altitudine.
Come si arriva in Malawi ?
Tre compagnie aeree volano in Malawi, la migliore è l’Ethiopian Airlines con voli diretti di sei ore per la prima tratta (da Roma e Milano), tre ore di scalo e altre quattro ore e mezza. South African Airways e Kenya Airways effettuano voli da altre città europee.
Com’è il paese?
Ci sono circa undici etnie in Malawi più i vari sottogruppi che sono un po’ difficili da raccontare. Non abbiamo lotte tribali, diffusissime invece nel resto dell’Africa, e siamo un paese di 17 milioni di persone, abbastanza pacifico.
In 55 anni di indipendenza non ci sono mai stati grossi problemi, e poi sotto di noi non ci sono diamanti o petrolio, quindi ci lasciano in pace (ride).
Viviamo di agricoltura, e di conseguenza, di pioggia: da lei dipende tutto.
Si parlano due lingue, da nord a sud, la chewa e l’inglese, oltre ai diversi dialetti. Ogni etnia ha le proprie credenze, religiose e legate alla magia.
Io lavoro con 26 capi villaggio, e non posso negare, che anche tra loro, quei quattro o cinque che vogliono fare i furbi, ovviamente ci sono. Come in tutto il mondo.
I veri problemi, nel continente, sono iniziati nel 1885, quando gli europei lo divisero senza considerare minimamente le diverse popolazioni ed etnie. Però appunto, in Malawi, si vive bene tutto sommato.
Perché il nome “SottoSopra”?
Perché vorremmo che venissero rovesciate le priorità e cambiato il mondo: è il sogno dentro ognuno di noi. Bisogna ribaltare il bianco e il nero per capire la vera essenza delle cose. Ciò che per alcuni non rappresenta nulla, è per altri di vitale importanza, e viceversa. Dovremmo calarci nei panni del prossimo, fermarci, riflettere e provare a capire, stravolgendo ciò in cui siamo abituati a credere.
Come mai due camaleonti nel logo?
Il camaleonte è il simbolo del mio gruppo etnico in Malawi: nel logo ce ne sono due, uno bianco e uno nero, appunto. È l’unico animale in grado di guardare avanti e indietro allo stesso tempo: guarda nelle due direzioni e sa sempre da dove si viene e dove si va.
Ecco questo per me è importantissimo: non dimenticare mai dove vogliamo andare, ma soprattutto non scordarci da dove veniamo.
Parlando con Davide abbiamo scoperto che nel tempo libero suona in un gruppo blues, la Bubbleto Blues Band di Cagli (che si occupa di foundraising per il Malawi) e che negli anni ha stretto rapporti di amicizia con altre associazioni, per darsi supporto e man forte. Perché la condivisione di cui Davide ha parlato tanto nel corso dell’intervista, è per lui imprescindibile da qualunque cosa.
La chiacchierata fatta insieme non ci ha lasciato indifferenti e quello che ci auguriamo, è che non lasci indifferenti neanche voi.
Qui trovate il sito di SottoSopra Onlus e la pagina Facebook e qui le indicazioni per far loro una donazione.
E se non potete contribuire con una donazione, non importa: condividete il suo sito o il nostro articolo, e parlate di SottoSopra Onlus in giro, perché il passaparola spesso, è l’aiuto migliore che si possa dare.
Ph: Michela Sechi