Che piaccia o no, il personal branding è una pratica fondamentale a tutti i livelli e per tutti gli inquadramenti professionali. La nostra presenza online parla di noi tanto quanto lo potremmo fare di persona ad un evento di networking, e i nostri social raccontano chi siamo meglio di un biglietto da visita. E quale miglior biglietto da visita se non LinkedIn, 16 milioni di iscritti in Italia e 800 milioni nel mondo?
Ma un profilo vuoto attira quanto una business card con il numero di telefono sbagliato. Un curriculum in formato digitale non basta per far sì che LinkedIn sia uno strumento efficace in una strategia di personal branding (della propria libera professione o della propria attività). Serve che sulla nostra pagina ci siano contenuti inerenti alla nostra area di competenza, interventi che denotino il nostro know how e le nostre connessioni nel settore, la personalità e, soprattutto, serve interazione. In sintesi: serve costruire una community che dia autorevolezza al nostro profilo.
Alle basi del personal branding su LinkedIn: un profilo ordinato
Partiamo dall’abc. I primi elementi che si notano in un profilo LinkedIn sono il nome, l’immagine e il sommario. Una foto profilo professionale o un breve video danno valore aggiunto e comunicano la propria attitudine. Il sommario deve invece rispondere a tre domande: cosa fai, dove lo fai, come lo fai. Dev’essere una sezione breve e accattivante: il ruolo come viene normalmente ricercato, il settore aziendale e una value proposition che descriva come assumete il vostro ruolo. E se svolgete un lavoro creativo, sbizzarrirsi è lecito.
ES: Copywriter @SottosopraComunicazione | Rendo a parole l’anima dei brand
Nella sezione informazioni si può inserire un ampliamento del “cosa, dove, come” accennato nel sommario. Consideratela la vostra landing page e non semplicemente una biografia. È qui che bisogna inserire l’elevator pitch, un’introduzione concisa ed efficace di noi stessi e/o della nostra attività. In questa sezione potete mostrare non solo chi siete come professionista, ma anche come persona. Ma non fermatevi qui, mettetevi nei panni di chi vuole capire come potete risolvergli un problema e perché dovrebbe credere in voi. Chiudete con una call to action precisa.
Il contenuto come cuore della strategia
Il punto di partenza per creare autorevolezza e rafforzare il vostro personal brand su LinkedIn è pubblicare post e articoli che mettano in evidenza le vostre competenze, il vostro spirito critico e il vostro sguardo personale sul settore. La pubblicazione di contenuti originali e ben fatti (gli articoli di LinkedIn possono contenere immagini, collegamenti a video, diapositive e altri contenuti multimediali come tweet o post di Instagram) aiuta a posizionarsi come esperti e, nel caso degli articoli, può fungere da lead magnet: cliccando su un articolo trovato in un gruppo si viene infatti reindirizzati alla pagina dell’autore, permettendo di approfondirne le competenze e gettando le basi per un contatto. Se non si ha l’abitudine a esporsi in questo modo, sarà utile osservare cosa pubblicano i trend setter della nicchia di riferimento e prendere ispirazione per tematiche, tipologie di contenuto e scelte estetiche. LinkedIn offre ormai anche la possibilità di creare e gestire newsletter in seno alla piattaforma. Occorre capire in che modo è possibile essere utili o illuminanti per il proprio target e mettersi al lavoro su più fronti.
Commenti, messaggi e newsletter: l’interazione
Commentare i post di altre persone aiuta a promuovere conversazioni che potrebbero portare a nuove connessioni e collaborazioni. Taggare colleghi o altri esperti del settore che possono dare il loro contributo alla discussione aiuta a farsi notare da altri utenti che altrimenti difficilmente entrerebbero in contatto con noi. Lasciare referenze e chiedere di farsele lasciare è un altro buon metodo per posizionarsi tra i contatti dei contatti. Così come la partecipazione a gruppi di settore è efficace quanto un caro vecchio evento di networking e PR, semplicemente in versione più smart. Ma per tutte queste interazione, usiamo sempre il buon senso. Ricordiamoci che non stiamo interagendo con un algoritmo ma con persone.
Muoversi in maniera laterale: esempi di profili che creano valore
In ultimo vogliamo portarvi tre esempi virtuosi e non scontati dell’utilizzo di LinkedIn per dare sostanza e direzione al proprio brand personale: un gamer, un insegnante e un grafico.
Nicolò Santin, CEO e Co-Founder di Gamindo – videogiochi a impatto sociale. Gamindo è una startup premiata per l’innovazione sia in Senato che in Commissione Europea, previo passaggio in Silicon Valley. Santin è un Top100 Forbes Under 30, ed ha già il suo TED Talk. Su LinkedIn parla in maniera fresca e gentile di gaming, startup, innovazione e creatività. “Ogni giorno investo almeno 30 minuti scrivendo un post, e ne vale la pena. Il mio consiglio è di scrivere quello che vorresti leggere se fossi dall’altra parte. Io racconto aneddoti, esperienze, riflessioni e ogni tanto anche qualche fallimento. Sui social c’è solo la punta dell’iceberg dei successi e si tende a nascondere il resto del ghiaccio sotto acqua.” fonte
Un post su tutti: La gioconda 3D
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Mirko Saini, si occupa di formazione e strategie di vendita per professionisti e aziende. Per far ciò ha costruito una grande community di interessati su LinkedIn, dove parla principalmente di social selling. Saini dispensa un grossa quantità di contenuti gratuiti e di ottima qualità: dai webinar agli articoli in-dept, dai podcast ad una LinkedIn newsletter con più di 4k abbonati.
Un articolo su tutti: Il viaggio del prospect client
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Danilo Spanu, Brand Designer ed esperto di personal branding su LinkedIn, è per molti versi il nostro ispiratore. Spanu è una voce autorevole e spesso fuori dal coro. Autentico e schietto, ha fatto del pensiero laterale il suo modus operandi e basta scorrere il suo feed LinkedIn per capirlo. Ama sperimentare nella comunicazione, anche a costo di uscire dal seminato, qualcuno direbbe disruptive ma noi piace di più definirlo rivoluzionario. Su LinkedIn parla di branding con un occhio alla sostenibilità e un sacco di ironia. Per questo ci piace particolarmente e per questo gli abbiamo chiesto di dirci la sua sui rapporti di forza tra algoritmi e community nel social media marketing:
La ricetta di Danilo Spanu
Brand Designer ed esperto di personal branding su LinkedIn
Sabato d’estate.
Fa caldo, molto caldo. Arrivo all’appuntamento col meccanico.
“A Danì, qua ce vole ‘na mezz’ora buona buona, mettete a sede e fatte un bel caffè”.
Mi avvicino alla macchinetta, la quale mi chiede di scegliere tra EXTRA ZUCCHERO o SENZA ZUCCHERO.
“Che domande”, penso, “amarissimo”.
Mentre guardo il liquido scendere – sarà che “amaro” è una keyword ricorrente sui social – inseguo una catena di pensieri che mi riporta a un episodio di qualche giorno prima su LinkedIn. Un mezzo filosofo, sotto un mio post, aveva intavolato una discussione sull’essere governati dagli algoritmi.
“Tutti voi content creator fate carte false per imbonirvi UNA MACCHINA che decide cosa è rilevante e cosa non lo è”.
“Non è del tutto esatto” faccio io “perché, senza un buon network, non c’è algoritmo che tenga: sono i contatti il vero valore aggiunto di LinkedIn”.
Ovviamente, la discussione si chiude senza vincitori né vinti. Solo, tanta amarezza.
Poi, d’improvviso, la lampadina.
Mi siedo e, mentre sorseggio il caffè, apro LinkedIn.
Qual è la cosa peggiore che posso scrivere per l’algoritmo?
post brevissimo
zero punteggiatura
zero hashtag
keyword fuori target e fuori focus rispetto alle mie skill
zero immagini o allegati
LinkedIn, un post così, lo affonda peggio del Titanic.
Digito “Salsiccia e friarielli” e pubblico.
Riapro solo alle 17: 191 notifiche. LinkedIn è invaso da post culinari. Un vero pranzo di matrimonio, dagli antipasti ai primi, dai contorni ai secondi senza dimenticare dessert, caffè, ammazzacaffè, vino e bevande.
In privato, decine di messaggi “ma cosa stai combinando?” “cosa c’è sotto?” “allora, a me puoi dirlo, che succede?”.
Non succedeva niente. Chiunque, in un impeto di cieca fiducia, mi ha seguito pensando “se Danilo lo sta facendo, ci sarà qualcosa sotto”.
La mia salsiccia e friarielli è una roba innocua. Tuttavia, il discorso può cambiare, e di molto anche. Questo è personal branding su LinkedIn. E può essere un’arma, nelle mani sbagliate.
Senza il network, i social non sono niente. Solo bot e distintivo.
Se siete appassionati di strategie di marketing alternativo non potete perdervi il nostro articolo sulle sfide e le opportunità del marketing post pandemico e su come fare stories di successo nel 2022.
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