A parole siamo tutti eco-friendly, stiamo dalla parte di Greta e facciamo diligentemente la raccolta differenziata. Nel nostro quotidiano, la maggior parte di noi attua delle strategie per essere il più ecosostenibile possibile senza impazzire, ma spesso la sensazione è quella di non fare abbastanza. Quanti comprano effettivamente sfuso e a km zero? Quanti stanno scegliendo una macchina ibrida invece di un diesel? Chi va al lavoro in bici? In quanti hanno tempo di cercare moda etica sapendo che ordinando fast fashion dall’app di Zalando in metropolitana e si riceverà la merce a casa il giorno seguente? Tra il dire e il fare c’è spesso di mezzo il mare, e tener fede ai propri valori socio-ambientali non è sempre facile.
Globe Scan, un’agenzia statunitense che si occupa di indagini di mercato e consulenza, ha pubblicato il 2020 Healthy & Sustainable Living study, uno studio sui comportamenti dei consumatori che si reputano eco-friendly ma che sentono di non fare abbastanza con le loro abitudini di consumo. Lo studio ha documentato gli atteggiamenti e i comportamenti sostenibili di oltre 25.000 consumatori in 27 paesi. Ecco i dati emersi e i principali consigli per brand sostenibili che vogliono instillare fiducia e proattività nei propri clienti.
1. Rendere i prodotti green più economici.
Come era prevedibile, la prima barriera all’acquisto di beni e servizi sostenibili è quella del prezzo. Il campione del rapporto sostenibilità/prezzo è sicuramente Ikea, brand che si è sempre speso per offrire design a prezzi accessibili. Da poco ha anche lanciato il servizio Riporta e Rivendi, per incentivare la rimessa in circolo dell’usato in cambio di un buono acquisto. La centralità del costo dei prodotti è evidente, ma è in dubbio quanto la produzione di massa a basso costo possa essere sostenibile, a cominciare dalla provenienza delle materie prime fino alle condizioni per i lavoratori.
Fonte: GlobeScan
2. Investire in trasparenza e credibilità dei brand sostenibili
Negli ultimi anni i brand sostenibili si sono moltiplicati e con essi il fenomeno del greenwashing. Si tratta di un meccanismo di marketing ingannevole, una sostenibilità di facciata. Il consumatore poco smaliziato fatica a riconoscere queste dinamiche e i dati evidenziamo come si stia diffondendo sfiducia generalizzata nel settore, un po’ come era successo per la bolla del biologico una decina di anni fa. Il 49% dei consumatori non si fida, rendendo difficile per i marchi comunicare e commercializzare in modo credibile ed efficace. Quindi come può un brand realmente impegnato instillare fiducia nel consumatore? Le soluzioni possono essere l’aumento di trasparenza, la collaborazioni con ONG affermate e le certificazioni esterne. Mai smettere di informare, mai fermarsi alla superficie. Chi è serio può permettersi di approfondire.
3. Lanciare campagne disruptive
Nonostante la tendenza generalizzata delle aziende a rendere i propri prodotti e servizi più green (anche solo di facciata), la maggior parte dei consumatori che hanno partecipato allo studio non sono stati in grado di nominare nessun brand sostenibile. Questo significa che è arrivato il momento di osare nella comunicazione, di puntare su un marketing memorabile, che ribalti le regole del gioco. Ad esempio non usando più la parola green!
Un esperimento sicuramente riuscito è quello di Patagonia, che per la sua campagna Worn Wear ha creato una serie di mini documentari sulle storie dei propri capi del cuore, durati decenni e tramandati di generazione in generazione. Un buon metodo per riuscire a comunicare efficacemente la propria sostenibilità è affidarsi a un’agenzia che fa della sostenibilità il suo valore fondante – come la nostra – ma attenzione, astenersi perditempo (alias greenwasher)!
4. Rendere i prodotti sostenibili più desiderabili
Lo studio ha rilevato il divario tra i prodotti considerati desiderabili e quelli ecosostenibili. Questo fa si che nonostante il consumatore sia ben intenzionato, finirà per scegliere comunque l’oggetto del desiderio, pur sentendosi in colpa. C’è molto lavoro da fare nel campo del design di prodotto, ma vale la pena citare qualche brand sostenibile made in Italy che sta creando valide alternative ai marchi più mainstream. Alcuni esempi sono il basic di Good Sustainable Mood, i cosmetici di Biofficina Toscana, l’active wear di Atma e le sneakers in pelle vegana di Yatay.
Fonte: GlobeScan
5. Rendere il cambiamento più facile
La forte correlazione tra l’interesse a modificare abitudini e la difficoltà a farlo suggerisce un’opportunità per le aziende: stimolare un cambiamento in positivo, sottolineando la convenienza e demistificando gli sforzi per perseguire una vita sana e sostenibile. Un esempio è quello di iniziare ad offrire più prodotti sfusi nella grande distribuzione. In Italia lo fanno principalmente i francesi di Auchan e Carrefour negli ipermercati di grandi dimensioni. Oltre alla frutta e verdura è anche possibile acquistare cereali, pasta, dolciumi, surgelati e detersivi sfusi. La Francia sta portando avanti una grossa campagna di riduzione degli imballaggi in plastica attraverso il ministero della transizione ecologica, che ha proposto che che tutti i punti vendita di oltre 400 mq dovranno riservare almeno il 20% della superficie ai prodotti sfusi entro il 2030. In Italia siamo più indietro in questo senso (ndr. e anche piuttosto incazzati), ma le botteghe sfuse sono in aumento: le mappa tutte sfusitalia.it.
6. Mettere al centro il valore della sostenibilità
L’87% degli intervistati, e le nuove generazioni in particolare, afferma che preferisce acquistare da aziende che facciano realmente una differenza positiva per le persone e per il pianeta. Questo dato si collega al discorso della trasparenze e dell’onestà della comunicazione e del marketing aziendale. In Italia, il network di Lifegate accompagna le aziende in percorsi di sostenibilità e patrocinio verso le proprie iniziative ambientali. Qui, si trovano varie case histories di aziende che stanno mettendo la sostenibilità al centro.
7. Riconoscere lo sforzo sistemico
Uno degli ostacoli più impegnativi al cambiamento d’attitudine dei consumatori è la percezione che il sistema non stia facendo abbastanza. La capacità di stimolare il cambiamento nei consumatori richiede la prova che anche gli altri attori sociali come governo, aziende, società civile, stiano facendo la loro parte. Senza il rinforzo di segnali su larga scala che indicano che lo stile di vita sostenibile sta diventando la norma, è difficile per la maggior parte delle persone per cambiare il loro modo di vivere.
Fonte: GlobeScan
In conclusione, lo studio evidenzia come il divario tra quello che i consumatori vorrebbero fare e quello che effettivamente fanno non è imputabile esclusivamente alla passività e alle pigrizia. Anzi, è compito dei brand sostenibili stimolarli e accompagnarli verso il cambiamento che essi stessi auspicano. La domanda non manca, è ora compito dell’offerta incontrarla e dimostrarsi all’altezza.