Quest’intervista fa parte di una serie di articoli sul tema della “Città delle Persone”. Sempre più città al mondo stanno aderendo a questo modello e siamo convinte che Milano Città 30 sarà un cambiamento positivo anche per quelli che ora mugugnano. (Tenete questi articoli a portata di smartphone la prossima volta che vostro zio col suv 400 cavalli Turbo Diesel si lamenterà che non si può più fare niente.)
Oggi abbiamo intervistato Cinzia Baralla, urban planner e consulente per DECISIO
DECISIO è uno dei principali istituti di ricerca e consulenza sociale ed economica operante nel settore della programmazione, pianificazione e valutazione delle politiche territoriali, sociali, ambientali e dei trasporti.
In 25 anni di attività, DECISIO ha condotto con successo oltre 1000+ progetti tra Europa, Stati Uniti e Sud America. I principali clienti operano sia nel settore pubblico – dalla Commissione Europea, alla Regione Piemonte, fino al piccolo ente locale.
Cosa significa fare l’urbanista per la pianificazione della mobilità attiva?
In DECISIO non facciamo progettazione esecutiva, ma lavoriamo sulla visione. I nostri studi aiutano la Pubblica Amministrazione a prendere decisioni in fatto di policies e progettazione urbanistica. Personalmente studio e lavoro per ripensare lo spazio pubblico, proponendo modifiche alle caratteristiche fisiche delle città per renderle più vivibili e accessibili, specialmente per pedoni e ciclisti. Mi interessano particolarmente i progetti che prevedono la partecipazione attiva dei cittadini, fondamentale per ottenere risultati efficaci e tangibili.
Perché Milano Città 30 è un progetto che arriva così in ritardo? Per non parlare di Roma e di altre città italiane. Perché è così difficile diffondere l’idea della “Città delle Persone”?
Le difficoltà nascono dalla dimensione delle città, dalla densità di popolazione e dall’assetto urbanistico pre-esistente. In Italia siamo indietro rispetto al concetto di spazio pubblico perché urbanisticamente è stata data priorità all’esigenza abitativa e agli spostamenti veloci. Ci ritroviamo quindi con città densamente popolate e una viabilità impostata attorno all’automobile. Quando le città vengono costruite per arrivare più velocemente a destinazione in auto, avranno grandi strade a scorrimento veloce e poche interazioni a bordo strada. Questo è di per sé un deterrente al coltivare una cultura, un’abitudine allo spazio pubblico.
Fonte: DECISIO – Trasformare la mobilità urbana: l’opportunità per eBike e eCargobike
E quindi che si fa, come si cambiano le città?
È un cambiamento lento e multidisciplinare. La situazione non si risolve eliminando le auto ma ripensando totalmente la città, modificandone lo spazio per fargli acquisire valore. Le abitudini delle persone si modificano quando vedono le potenzialità positive del cambiamento. I bambini sono una grande leva in questo senso. L’urbanismo tattico che ricava piazzette da slarghi prima riservati al parcheggio abusivo fa ad esempio parte di un approccio integrato: permette ai bambini di vivere la città in termini sensoriali e aiuta gli adulti a vedere come lo spazio pubblico può cambiare funzione ed acquistare valore.
Ci fai qualche esempio concreto?
Il primo che mi viene in mente a Milano è Piazze aperte, un progetto che mira a valorizzare lo spazio pubblico come luogo di aggregazione al centro dei quartieri, ad ampliare le aree pedonali e a promuovere forme sostenibili di mobilità a beneficio dell’ambiente e della qualità della vita in città. Una quarantina di interventi e quasi 30mila mq resi pedonali con panchine, posti bici, tavoli da picnic e da ping pong, fioriere…
Anche noi di DECISIO lavoriamo spesso per ripensare lo spazio pubblico, un progetto che mi viene in mente è quello sviluppato per la città di Cuneo; una visione di riqualificazione che ha visto la partecipazione della cittadinanza e che ha messo al centro i bambini e le loro esigenze nella riqualificazione dello spazio davanti alle loro scuole. Ad una scala decisamente più ampia invece abbiamo sviluppato il Bici Plan “Cambio” per la città di Milano: un progetto che identifica dei corridoi super-ciclabili a livello metropolitano e li integra con le ciclabili comunali, per facilitarne l’uso e gli scambi inter-modali (bici-treno, bici-metro).
La cultura della Città delle Persone e della mobilità attiva parte dall’alto o dal basso?
Sia dal basso, che dall’alto. Spesso sono i cittadini che si organizzano per valorizzare uno spazio comune, mettendo in atto un intervento di urbanismo tattico dal basso. Mentre la componente istituzionale può dar voce ad istanze e necessità più ad ampio raggio, come le politiche ecosostenibili e sociali, oltre che ovviamente trovare finanziamenti per i progetti. Il ruolo di DECISIO è appunto quello di affiancare le istituzioni con una consulenza tecnica.
A proposito di istituzioni, a nostro avviso la riprogettazione delle città, indispensabile per affrontare l’emergenza climatica, viene spesso etichettata come “di sinistra” diventando oggetto di contesa politica. Perché la politica si presta a questo inganno nei confronti dell’opinione pubblica? Perché i sindaci non parlano chiaramente di obiettivi da raggiungere indipendentemente dal colore politico?
Qui non mi trovate totalmente d’accordo. Fortunatamente nella nostra esperienza abbiamo lavorato con Amministrazioni Pubbliche di tutti gli schieramenti politici. Sicuramente certi soggetti politici sono più aperti al tema mentre altri più restii, ma la trovo più una differenza personale che politica. Professionalmente ho trovato persone collaborative in tutti i settori. La volontà di lavorare sul tema è bipartisan, poi tanto dipende anche dalla disponibilità economica della specifica Amministrazione.
L’Olanda e città come Monaco di Baviera hanno già superato il concetto di corsia ciclabile separata dal resto della strada. Qui in Italia si inneggia alla sede separata per le bici, salvo poi dire che non c’è spazio. In Italia è pensabile saltare direttamente dalla strada per le auto alla strada condivisa senza passare da anni di ciclabili? È più difficile sottrarre spazio alle auto per creare delle bike lane o costruire la cultura della Città delle Persone?
Direi che entrambe le sfide se la contendono per difficoltà. Alla base di entrambe le strategie c’è la cultura dell’utilizzo dello spazio pubblico, tuttavia sottrarre spazio alle auto per un’infrastruttura ciclabile viene solitamente accettato più facilmente, perché se ne vedono i benefici in maniera immediata. Non possiamo pretendere che l’integrazione della cultura ciclabile e della strada condivisa avvenga dall’oggi al domani. Persino in Olanda ci sono volute decine di anni. Ma il fatto che loro abbiano iniziato 40 anni fa non ci deve scoraggiare, bensì essere d’esempio. Nello caso dell’Olanda ebbero un peso specifico notevole gli incidenti causati da auto ai danni di minori. Il che fece esplodere un movimento dal basso di manifestazioni.
A proposito di incidenti stradali, qui a Milano ultimamente stiamo assistendo ad un’ecatombe di ciclisti e pedoni a causa dei mezzi pesanti che circolano in centro senza sensori degli angoli ciechi. Adesso li renderanno obbligatori, ma ci sarà tempo fino al 2025 per installarli e poi, chi controlla? Quindi ci chiediamo: nel resto d’Europa come funziona la circolazione dei mezzi pesanti in centro città?
I mezzi pesanti ci sono in tutta Europa ed eliminarli non è evidentemente un’opzione. Il sensore è sicuramente di aiuto nelle situazioni puntuali ma non si può pensare che da solo risolva completamente il problema della coesistenza di pedoni e ciclisti con i mezzi pesanti. Servono piani urbanistici più strutturati, come le superillas di Barcellona: dei grandi isolati che consentono ai mezzi pesanti di circolare solo nelle strade perimetrali.
E come sempre è anche una questione culturale: in Olanda se c’è un edificio in restauro e il marciapiede diventa inagibile si crea una corsia ciclopedonale levandone una alle auto, non si costringono i pedoni in corridoi strettissimi e spesso non protetti tra le impalcature e le macchine che sfrecciano.
In ogni caso bisogna pensare anche in maniera laterale: come possiamo fare in modo che circolino meno mezzi pesanti in città? In questo caso serve un piano logistico che preveda ad esempio l’utilizzo di mezzi di consegna elettrici e delle Cargobike. È un settore che si chiama ciclologistica, su cui esistono purtroppo ancora troppi preconcetti errati. Recentemente abbiamo fatto uno studio sull’utilizzo di Cargobike e eCargobike (la Cargobike elettrica) per Bosch, esplorandone il potenziale nel trasformare il modo in cui le persone si spostano e gli impatti di questi spostamenti. I potenziali benefit sociali ed economici sono notevoli, sia sul piano micro (il portafogli del privato), macro (aumento dei posti di lavoro) che sociale (benessere collettivo e salute pubblica). L’utilizzo delle Cargobike può rivoluzionare l’intero settore delle consegne, rendendo possibile una logistica dell’ultimo miglio ad emissioni zero. Le Cargobike permettono infatti di aumentare il numero di consegne in un singolo viaggio, ridurre i costi e azzerare le emissioni di CO2 e di inquinanti locali, oltre a permettere una maggior sicurezza dei pacchi durante il tragitto.
Tornando ai privati, grazie alla vostra esperienza europea, quali politiche trovate funzionino meglio per disincentivare chi usa la macchina per tragitti brevi in centro?
Sicuramente la moderazione del traffico, ovvero una progettazione urbanistica e stradale che necessita una scelta politica a monte. Il limite di velocità a 30km/h è l’esempio più importante: far rallentare le auto incentiva le persone a spostarsi a piedi o in bici, perché si possono muovere in sicurezza. In questo senso autovelox o segnaletica non funzionano, serve modificare lo spazio. Spazio a cui va dato più valore: utilizzare lo spazio per spostarsi a piedi o in bici ha più valore per le persone che utilizzarlo per lasciarci parcheggiata una macchina per 22h al giorno. E qui si apre la questione della sosta a pagamento anche per i residenti: dobbiamo capire che lo spazio non è infinito e ha un valore.
E invece volendo partire dal basso, quali sono a tuo avviso le strategie comunicative più efficaci per convincere un amic* a provare la bicicletta in città?
Dipende dall’amic*! È un tema abbastanza difficile da far comprendere. Per alcuni funziona la valutazione economica: andare in bici costa meno! Oltre alle spese fisse dell’acquisto dell’auto, dell’assicurazione, del bollo e delle revisioni, c’è la benzina, la sosta, le spese di manutenzione straordinaria. Tornando al tema delle Cargobike, lo studio di Bosch che ti ho già citato ha investigato se ad una famiglia cittadina conviene la seconda auto o una eCargobike. Il risultato è che la Cargobike conviene, si risparmia 1.200€ all’anno. E poi non si fa mai prima in auto! È un falso mito.
Fonte: DECISIO – Trasformare la mobilità urbana: l’opportunità per eBike e eCargobike
Grazie Cinzia! Trovate più informazioni su Cinzia Baralla e il suo lavoro in DECISIO qui.
Eventi milanesi interessanti:
Mercoledì 25 ottobre – ore 20:30
“Amsterdam come Milano: confronto sul futuro della bicicletta in città”
Upcycle Café Milano
Proiezione del documentario Together we cycle (27’ – sottotitoli in italiano)
che racconta come l’Olanda è diventata il Paese delle biciclette, a seguire discussione aperta con il contributo degli interventi di Matteo Jarre (DECISIO) e Chiara Quinzii (Quinzii Terna Architecture). Con la partecipazione di Mascha Baak, Console Generale del Regno dei Paesi Bassi a Milano.
Ingresso libero su registrazione: https://lnkd.in/ep28RasM