Si chiama Bluenzima ed è la nuova creatura di Paola Pluchino, biologa ambientale che si occupa di innovazione sostenibile dal 2003, e Carlo Ghiglietti, advisor e stratega di economia circolare oltre che ideatore del seguitissimo podcast PENSA CIRCOLARE.
Bluenzima è la nuova formula di coaching virtuale sul tema dell’economia circolare che debutterà venerdì 30 aprile con il primo numero. O meglio, il primo enzima!
Di economia circolare ormai si parla anche al bar tra un commento su Ronaldo e uno sulla zona rossa, il che non è molto confortante se pensiamo che gran parte dell’innovazione dei prossimi anni passerà proprio da qui: da un approccio veramente circolare e più sostenibile.
C’è bisogno di qualità, sia nell’informazione che nella formazione. E soprattutto c’è bisogno di altri linguaggi, più comprensibili e coinvolgenti. Bluenzima è lo strumento formativo più innovativo per spiegare i concetti chiave dell’economia circolare (senza scivolare in noiosissimi clichet) e soprattutto per accompagnare le aziende verso nuovi modelli di business circolari.
Potete dare uno sguardo alla presentazione del progetto qui. E scoprire qualcosa di più in questa intervista a Carlo Ghiglietti e Paola Pluchino.
In cosa consiste Bluenzima?
Bluenzima è un coach virtuale. Attraverso il coaching cerchiamo di creare consapevolezza per consentire alle persone di mettersi al lavoro su questi temi. In pratica si comporta più come una guida piuttosto che una consulenza, è un prendere per mano.
Assume un’importanza strategica adesso perché le aziende hanno bisogno di essere accompagnate a creare dei progetti nuovi, seguiti da un advisor che li aiuti a non commettere errori. E soprattutto a imboccare la strada dell’economia circolare in maniera corretta.
Da dove nasce il nome Bluenzima?
Blu perché ci siamo ispirati al libro Blue Economy di Gunter Pauli nel quale si affronta l’economia circolare in maniera nuova. Enzima perché in natura sono questi straordinari meccanismi che vanno ad accelerare e ad abilitare i processi.
Per quale motivo avete pensato di far nascere Bluenzima proprio adesso?
Nasce adesso ma ha un background di un certo tipo perché sia Carlo che io ci occupiamo di questi temi da molto tempo. Questo è il momento in cui l’economia circolare è sulla bocca di tutti ma se non spiegata correttamente rischia di essere manipolata. E il rischio in questo momento è molto elevato.
È tanto di moda associare l’economia circolare al riciclo dei rifiuti, mentre invece l’economia circolare serve a evitare la produzione del rifiuto. È una cosa completamente diversa. E quindi ci è sembrato giusto mettere a disposizione la nostra esperienza e il nostro background per cercare di far comprendere il significato profondo di questi termini.
Qual è l’originalità di Bluenzima, in cosa si differenzia rispetto ad altre formazioni presenti sul mercato?
Con il metodo di Bluenzima puntiamo a creare una nuova consapevolezza durante le fasi di progettazione, portiamo una visione diversa aiutando gli imprenditori a vedere quello che in realtà spesso non vedono.
Quello che ci differenzia tantissimo è che noi abilitiamo gli imprenditori ad avere una nuova visione, non siamo quelli che arrivano e ti dicono come fare.
Inoltre utilizziamo modalità diverse e creative per far scattare un click nella testa delle persone, perché diventino più consapevoli e più decise a creare prodotti/servizi davvero sostenibili.
In pratica il coaching Bluenzima aiuta le imprese ad accendere quelle lampadine che non hanno le competenze per attivare.
Qualche anno fa, insieme a una collega, abbiamo proposto un progetto circolare per il Comune di Augusta. Allora vi assicuro che non era facile andare dai dipendenti comunali di un territorio occupato da un polo petrolchimico e con ben altri problemi ambientali che non riciclare la carta. A un certo punto l’usciere del palazzo Municipale uscì dall’aula e si ripresentò dopo pochi minuti con una splendida stella di carta tridimensionale. Ci raccontò che lui ogni Natale recuperava la carta dai cestini dell’ufficio per realizzare gli addobbi natalizi.
Questo per dire che spesso le lampadine ci sono, devono solo essere accese.
Una delle cose che io domando quando si fa formazione è Qual è il tuo hobby? Se c’è qualcuno che si diletta con il fai-da-te, praticamente hai l’economo circolare in aula.
A chi sarà utile Bluenzima?
È rivolta a chi deve ideare e realizzare progetti, prodotti o servizi nuovi. Poi ai tanti imprenditori che non sanno di essere già in qualche modo circolari. Spesso e volentieri partiamo proprio da qui, dal far vedere alle aziende quelle attività circolari che già esistono e di cui non sono affatto consapevoli. E poi andando sotto il pelo dell’acqua, c’è un lavoro più profondo che aiuta le imprese a migliorare il loro impatto sull’ambiente.
Quando andiamo ad analizzare alcuni processi facilmente troviamo dei “punti oscuri” sui quali possiamo agire, per modificarli in una modalità più sostenibile e con un impatto limitato.
Quindi Bluenzima si rivolge alle start-up ma anche alle aziende già avviate, ai manager progettisti fino al marketing…
Esattamente, e anche all’investitore, specialmente adesso che arriveranno i fondi del Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e che il tema della transizione ecologica sembra aver finalmente assunto una grande rilevanza.
Le banche e gli investitori si troveranno a investire su progetti che siano realmente sostenibili rispetto a progetti che non lo sono. Ecco, noi siamo in grado di dare esattamente questa cosa: aiutare una start-up o un’azienda a far nascere un nuovo progetto con dei criteri già sostenibili e applicati, che possano essere comunicati nel modo corretto. Questa è una garanzia per qualsiasi investitore, altrimenti rischia di investire su qualcosa che è assolutamente fuori dal mercato ma se ne accorgerà quando sarà troppo tardi.
Qual è la prima cosa che fate quando vi chiama un’azienda?
Quando ci approcciamo alle imprese noi abilitiamo, non facciamo. Il primo passo è sempre quello di capire dall’imprenditore che cosa fanno, perché molto spesso fanno già qualcosa di economia circolare ma non lo sanno, non ne hanno per niente l’idea. Proprio di recente per un cliente abbiamo rilevato alcune buone pratiche di economia circolare a cui lui non dava alcun peso perché per lui era la normalità.
Questo è il nostro approccio, prima di traumatizzare l’imprenditore mettendolo di fronte a un cambiamento radicale dei processi produttivi, ad esempio, noi lo portiamo a vedere il bicchiere mezzo pieno.
È più semplice innescare un processo di cambiamento affrontando un piccolo gradino per volta e spiegando al titolare che determinate cose le sta già facendo.
Un altro aspetto importante del coaching Bluenzima è l’approccio sistemico e non casuale o una tantum.
In che modo il vostro approccio è sistemico?
Con una battuta, non si può pensare di fare economia circolare senza avere un approccio circolare rigenerativo al territorio. Quindi la singola azienda che fa un solo processo circolare senza essere circolare in modo sistemico non induce un cambiamento sensibile sul territorio. Questo diventa sensibile nel momento in cui coinvolge più aziende o ha una caratterizzazione forte dal punto di vista territoriale.
Veniamo alla formazione vera e propria, come si presenta Bluenzima?
Bluenzima è a tutti gli effetti un prodotto di coaching che arriva nella casella di posta elettronica. Arriva sotto forma di newsletter con molti input che aiutano a interiorizzare e far comprendere i concetti dell’economia circolare che in questo momento non vengono spiegati.
Il metodo di Bluenzima rivoluziona il modo di trasferire questi concetti perché offre un punto di vista diverso. E per arrivare a fare quel famoso “switch” nella testa delle persone utilizzeremo video, articoli, video-pillole, tips, esercizi creativi e tutta una serie di supporti che vanno anche molto in profondità.
Bluenzima sarà anche una community, giusto?
Esatto, costruiremo una community attiva dove circolano le idee. Un’altra cosa che ci distingue è quella di stimolare il pensiero creativo delle persone, ogni contenuto che noi chiamiamo “enzima” è uno stimolo per i nostri iscritti.
Organizzeremo incontri su base mensile e avremo altri servizi fruibili direttamente dal nostro sito, come ad esempio le mentorship one-to-one: sarà possibile prenotare incontri di un’ora. E poi masterclass e workshop, il primo appuntamento sarà sui “blind spot” e cioè le insidie che si nascondono in un progetto di economia circolare e che potrebbero minare la riuscita del progetto stesso.
Il virtual coaching utilizza la piattaforma Substack che permette di avere tutta la raccolta delle newsletter sempre a disposizione.
Proviamo a fare un piccolo zoom su questo aspetto e fare qualche esempio. L’economia circolare punta a non produrre rifiuti piuttosto che a gestirli dopo.
È esattamente questo: noi siamo fatti dei principi dell’economia circolare perché tutti gli organismi viventi sono progettati per essere circolari. Il metabolismo di tutti gli organismi viventi è assolutamente basato su cicli, quindi in realtà non è che dobbiamo andare a inventarci qualcosa. Dobbiamo solo ricordarci di come siamo fatti e di come le persone gestivano tutta una serie di attività fino a prima che arrivasse il consumismo. Perché il consumo è produzione ed è dunque la condizione di guadagno, in realtà stai producendo qualcosa a discapito di qualcun altro. Quindi dove qualcuno guadagna, qualcuno sta andando a perdere. Fino a quel momento storico da che mondo è mondo l’umanità e Madre Natura hanno sempre gestito le proprie funzioni secondo un processo circolare.
In fondo è come facevano le nostre nonne, che non buttavano via nulla in cucina.
C’è qualcosa di naturale nell’economia circolare.
Certo, se provi a fare due tre bei respiri profondi sai cosa stai facendo? Stai facendo economia circolare: stai utilizzando lo scarto metabolico di un altro organismo vivente, cioè l’ossigeno che è lo scarto delle piante, e lo stai utilizzando come fonte di vita per te. E quello che tu emetti come CO2 diventa essenziale per le piante. Quindi vedi come ogni nostro respiro è basato sul principio di economia circolare. Secondo me veramente dobbiamo solo riprendere un po’ di consapevolezza.
E questo ci fa capire anche che un impatto Zero Co2 non esiste, perché vorrebbe dire non respirare più!
Si parla molto anche di simbiosi industriale, che ne pensate?
(Paola) A me personalmente non piace il modo in cui generalmente la si intende, perché è sempre riferito al riuso degli scarti, e quando si fa un prodotto utilizzando lo scarto di un’altra industria, uno utilizza l’altro. E quindi non si parla mai di simbiosi industriale legata allo sviluppo e alla rigenerazione di un territorio. Non che non ci piaccia il concetto di simbiosi industriale ma come è concepito adesso è ancora legato a un pensiero lineare e non circolare. Io produco comunque un rifiuto che qualcun altro deve utilizzare per noi e non per rigenerare il territorio.
Dal punto di vista biologico la simbiosi è un’associazione tra due organismi differenti che genera un’alleanza favorevole a entrambi. È qualcosa di più dell’utilizzo di uno scarto. Mi spiego meglio, noi utilizziamo lo scarto delle piante per vivere, l’ossigeno, ma non siamo in simbiosi con le piante. C’è anche un altro rischio, tra l’altro, perché in questo modo tu non sei incentivato a prevenire se qualcuno ti paga per il tuo scarto.
Questo è un altro di quei piccoli insight ai quali probabilmente non si pensa. Se metti in piedi un meccanismo che cambia solo la catena di fornitura, si spostano gli equilibri ma il concetto di fondo rimane identico.