L’idea di questo articolo è nata per raccontare Alla ricerca del gusto perduto, il nuovo show di Chef Rubio in onda su NOVE (Discovery Channel) che ci ha colpito da subito sia per i temi trattati – viaggio, cibo, condivisione – sia soprattutto per lo stile divertente, intelligente e arguto con cui l’estremo Oriente, nelle zone meno battute dai turisti, viene raccontato attraverso lo sguardo di Rubio.
Scavando online per approfondire ciò che già sappiamo e conosciamo della vita e della carriera di uno dei cuochi più amati d’Italia (e anche in Sottosopra Comunicazione), l’idea nella nostra testa ha preso una piega leggermente diversa. Presentare sì lo show, perché a noi è piaciuto moltissimo e come sempre, se qualcosa ci piace, vogliamo condividerla con chi ci legge, ma raccontare anche un po’ Rubio, per capire come e perché sia riuscito in qualche modo a diventare un’icona.
Perché oggi Rubio è uno dei personaggi italiani più corteggiati da aziende, brand e broadcaster e come riesce a rimanere fermo sui suoi principi e i suoi valori morali, senza svendersi al migliore offerente?
Chef Rubio, all’anagrafe Gabriele Rubini, classe 1983, ha alle spalle un passato da rugbista in Nuova Zelanda, dove giocava nel Poneke. Qui, tra un allenamento e l’altro, ha iniziato a lavorare in un ristorante e si è appassionato pian piano al mondo della cucina. Rientrato in Italia, ha seguito corsi e seminari, è stato allievo di Gualtiero Marchesi e si è diplomato all’Alma.
Nel 2013 approda in tv con Unti e bisunti, programma dedicato allo street food (non quello dei “fighetti” ma quello vero), il cibo da strada cucinato con materie prime locali o con gli avanzi del giorno prima, e da lì non ha più smesso di far parlare di sé.
Inutile dilungarci troppo con la sua bio (che trovate qui) perché dal suo arrivo in tv, chi lo conosce lo sa, Gabriele ha ribaltato il concetto di “chef televisivo”. Dimentichiamo i Borghese, i Cracco e i Barbieri del caso, lui è totalmente diverso, nel bene o nel male, poco importa.
È sbarcato sul piccolo schermo con lo sguardo furbo, il baffetto un po’ hipster e i tatuaggi in bella vista: sfrontato, irriverente con la battuta sempre pronta, il tipico romano “paraculo”, di quelli simpatici però.
Mangia con le mani, cucina senza badare troppo ai convenevoli, ammicca alla telecamera, una battuta dopo l’altra, con uno stile e un linguaggio unici e inconfondibili.
Per molti è “l’anti chef”, per altri “il cuoco coatto”, per i fan è Chef Rubio e basta, e lo seguono senza badare ai preconcetti dei più bigotti, quelli che di fronte a un accento diverso dal loro o a un tatuaggio di troppo si sconvolgono.
Perché Rubio è così, mette d’accordo e divide, o lo ami o lo odi, e si sa, difficilmente i personaggi come lui riescono a suscitare vie di mezzo.
Ecco, la domanda nella nostra testa è nata proprio a questo punto: come ha fatto Gabriele a ribaltare il trend di chef stellato e “menosetto”, riuscendo a guadagnarsi un posto d’onore in così breve tempo nel cuore degli spettatori?
Definirlo l’anti-cuoco non è del tutto corretto: vanta competenze e capacità pari se non superiori ad altri chef televisivi (ai quali non ha nulla da invidiare) e semplicemente le utilizza in maniera diversa.
Non va in tv a premiare o giudicare chi sa cucinare, quello in fondo possono farlo tutti.
Rubio prende il cibo e lo trasforma, lo rende un momento di condivisione in una maniera meno convenzionale rispetto ad altri.
In Alla ricerca del gusto perduto fa esattamente questo: viaggia in Oriente, tra Cina, Thailandia e Vietnam per scoprire la vera cultura gastronomica e per raccontare mille storie. Tra megalopoli e piccoli centri rurali, a lui interessa conoscere le persone di questi luoghi, scoprire origini e usanze, mangiare con loro, su una canoa o in una capanna, poco importa, e cucinare insieme, sospesi sull’acqua o con mezzi rudimentali.
Condividere e raccontare, perché in fondo questo ha sempre fatto Gabriele, ed è proprio questa la sua marcia in più: rendere il cibo un elemento narrativo che ruota intorno alle persone e alle loro storie, con un approccio davvero unico nel suo genere, senza pregiudizi e senza barriere.
“La cucina è uno strumento per parlare di cultura, di popoli. L’arte culinaria è solo un tramite, mentre il punto di partenza e quello di arrivo sono sempre le persone, il loro vissuto, la loro storia, il territorio”.
Gabriele non ha filtri, dice quello che pensa senza contare prima fino a dieci, e questo è un altro dei pregi che apprezza chi lo segue. È testardo, curioso, indipendente e sincero: ci mette la faccia, sui social, in tv, sui giornali e non la manda a dire.
Organizza e propone incontri conviviali, momenti di conoscenza e scoperta di mondi diversi, a volte lontani, per ribadire che a unire i popoli, spesso, sono le piccole cose.
E qui subentra il suo forte impegno sociale: ogni giorno sui social interviene per difendere le minoranze o denunciare le ingiustizie, prendendo spesso posizioni forti, con un linguaggio schietto, coraggioso, anche sopra le righe in certi casi, e questa è la sua forza.
Ha preso parte a iniziative nazionali e internazionali, per ActionAid Italia o Amnesty International, o locali, senza dimenticare le sue origini, ma guardando oltre e al futuro.
È salito su Open Arms per dare sostengo alla Ong spagnola, nonostante critiche e insulti da molti su Twitter e Instagram.
Ha sposato la causa di “pasto sospeso”, promossa dalla spazio sociale autogestito Casetta Rossa e dalla Fondazione Erri De Luca, per dare sostegno ai migranti transitanti e a chi vive in condizioni di disagio e povertà e pochi mesi dopo ha deciso di lanciare l’iniziativa anche a Dubai.
È diventato, a tutti gli effetti e (forse) suo malgrado, un influencer, di quelli veri, quelli che si fanno portavoce di qualcosa di concreto, non per guadagnarci, ma nella speranza di cambiare le cose e per convincere le persone a “restare umane”.
E adesso pare voglia prendersi una pausa, iniziata con Alla ricerca del gusto perduto, “sono andato lontano dove non mi conosce nessuno solo per il piacere di raccontare il mondo, il cibo, le persone, i paesaggi” e che proseguirà nei prossimi mesi, come ha dichiarato a Vanity Fair Italia nei giorni scorsi: “sono ancora in piena crisi di stanchezza. Per questo alla fine della messa in onda scomparirò per un po’: andrò in Sri Lanka con Ifad (un’agenzia ONU, ndr) per un progetto sul climate changing come quello che ho già vissuto in Guatemala (Ricette per il Cambiamento, ndr). Poi partirò per un viaggio e mi godrò natura e cultura: metterò libri in valigia e andrò fuori dall’Italia. Se resto qui è difficile stare lontano dalle notizie e non denunciarle».
Quello che gli auguriamo è di riposarsi e ricaricarsi durante questa pausa, ma di tornare presto, perché in tv e sui social, soprattutto in questo momento, c’è davvero bisogno di persone come lui.
Ph: foto liberamente “estratte” dal profilo Instagram di Rubio.