Questa settimana Milano è in fermento per la Fashion Week. Il centro si riempie di van neri, il traffico impazzisce. Sui mezzi si incontrano creature eteree a malapena maggiorenni abbracciate a book più grandi di loro. Noi cittadini viviamo con il fiato sospeso per una settimana per poi accogliere la chiusura dell’evento con il prosaico saluto tradizionale.
La verità è che la moda ama Milano e Milano ama la moda, ma qui in Sottosopra ci siamo accorte che la moda meneghina sta colpevolmente ignorando un macrotrend milanese: andare al lavoro in bicicletta, possibilmente con eleganza. Ma facciamo un passo indietro.
Milano e la mobilità attiva
Il susseguirsi di settimane tematiche ad alta affluenza, il numero degli abitanti in continua crescita e la pandemia da Covid-19 hanno evidenziato la necessità di una mobilità urbana alternativa all’auto e ai mezzi pubblici. Un processo che ha subito un’accelerata con la recente approvazione dell’ordine del giorno dal Consiglio comunale di voler rendere Milano una città 30km/h.
L’urban cycling è un trend sui cui noi italiani arriviamo lunghi: sono molte infatti le capitali internazionali che da anni favoriscono l’utilizzo della bicicletta con politiche ambientali e scelte urbanistiche. Da Parigi a Barcellona, da Londra a New York e persino da noi l’utenza a pedali è in netta crescita.
Fonte: 6° Rapporto nazionale sulla sharing mobility redatto dall’Osservatorio nazionale sharing mobility
Le persone scelgono la bici e il monopattino perché sono sostenibili, hanno dei costi di acquisto e manutenzione infinitamente più bassi di quelli di una macchina o di un motorino e azzerano i problemi di parcheggio e traffico. Google Maps alla mano, muoversi a Milano è sempre più rapido in bici: sia i tempi di percorrenza dei mezzi che quelli in auto sono di molto superiori – in auto possono addirittura raddoppiare se non si possiede un parcheggio riservato in partenza e in arrivo.
Pedalare in città è di tendenza, tant’è che l’iconografia della bici viene spesso utilizzata per pubblicità di prodotti che non hanno a che fare con la bicicletta, ma che tentano di assorbirne il carattere giovane, libero e sostenibile per osmosi. La bicicletta comunica vitalità, salute ed è trendy.
In ufficio in bici ma con l’abito: dove sono le case di moda?
Se c’è una città attenta ai trend e alla moda, questa è Milano, patria dell’haute couture Made in Italy. Con sempre più professionisti che scelgono la bici per spostarsi in città, ci stupiamo che ad oggi manchi ancora una linea di abbigliamento elegante pensata per loro. Chi lavora in centro nella moda, nella finanza o in qualsiasi istituzione in cui sia richiesto un dress code formale non può andare in bici vestito di lycra e cambiarsi nei bagni (ahinoi sono ancora poche le aziende bike-friendly con spogliatoi annessi). Nè può andarci in jeans o in abiti casual, serve un abbigliamento bici elegante o in ogni caso stiloso.
Qui in Sottosopra è un po’ che ci chiediamo cosa aspettano i grandi nomi dell’alta moda a creare una collezione per i ciclisti urbani che lavorano in contesti più o meno formali. La domanda di mercato è notevole e si tratta di una nicchia piuttosto fruttifera, ad oggi lasciata scoperta.
Oltretutto non si tratta di un problema esclusivo di chi lavora in abito. Anche chi adotta un dress code informale sa che la maggior parte dei vestiti non sono adatti ad andare al lavoro in bici: sono scomodi per pedalare, come le giacche o i pantaloni non elasticizzati, e raramente sono traspiranti come quelli sportivi. Mentre il Lycra… Bè, il suo posto è nei weekend fuori porta, non certo in ufficio.
FOCUS: LE NECESSITÀ DEI CICLISTI URBANI
- comfort
- versatilità
- elementi catarifrangenti discreti
- impermeabilità
- traspirabilità
- stile
Abbigliamento bici elegante: i brand esteri
Ma se la haute couture italiana ignora il ciclista urbano, ci sono start up innovative e qualche brand etico che hanno capito il potenziale del settore dell’abbigliamento bici elegante. Ministry of Supply ad esempio è un brand statunitense di workleisure (abiti eleganti e sportivi), che sviluppa abiti classici adatti al commuting attivo. Tradizionalmente gli abiti eleganti sono confezionati in lana e cotone, non esattamente l’ideale per la bicicletta: il movimento e la posizione del corpo mettono a dura prova i materiali poco elastici e le cuciture dell’abito. Ministry of Supply lavora con materiali high tech traspiranti e tagli sartoriali pensati per la bicicletta e la corsa. Per dimostrare quanto siano dinamici i loro capi, nel 2015 uno dei fondatori ha letteralmente corso una mezza maratona in completo:
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Quando si dice “talking the talk, walking the walk”
Un altro esempio high-end è la giacca in tweed di Road Rags, con polsini allungabili per offrire maggiore copertura in sella e uno spacco posteriore per pedalare con più libertà. Oppure questo soprabito elegante antipioggia di Clyclechic con cappuccio rimovibile, tasche con la zip, polsini con elastico interno per impedire all’acqua di entrare e uno strato di tessuto aggiuntivo per proteggere le gambe dalla pioggia senza intralciare la pedalata. E sempre dello stesso brand: dei caschi oggettivamente stilosissimi.
In ufficio in bici, ma con l’abito: le startup italiane
Nella ricerca di esempi virtuosi nostrani, abbiamo coinvolto la nostra bike-influencer preferita: Ilaria Fiorillo di @milanoinbicicletta. Ecco i suoi riferimenti europei ed italiani:
Drykorn x Rose: giacche e completi dal taglio radicale e un design che incorpora elementi catarifrangenti con stile. Più adatto per chi lavora da Off White piuttosto che da Deloitte. Sullo stesso genere anche gli impermeabili pazzeschi di Rainkiss :
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O le eccentriche ghette impermeabili di Bragoon. Bragoon è una startup innovativa iscritta al Registro delle Imprese di Milano, fondata da tre professioniste milanesi, attente al pianeta e alle esigenze della città in cui vivono. Come dicevamo, mentre l’alta moda fa orecchio da mercante, il mercato se lo prende qualcun’altra.
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Tagli più casual, adatti anche a chi non lavora in abito sono quelli di Maestrale, brand italiano che propone dei pantaloni con dettagli catarifrangenti nascosti, oppure quelli di Squame, traspiranti e antipioggia, sempre Made in Italy.
Case di moda, cosa aspettate?
Il fatto che nessuna grande casa di moda si sia ancora affacciata sul mercato dell’urban cycling denota una doppia mancanza. Un’occasione persa in termini di CSR, dove sarebbe possibile lavorare in parallelo alle istituzioni per città più vivibili e sostenibili, e una lacuna prospettica in termini di business: la fetta di mercato dei commuters attivi è in crescita, e la nicchia dei professionisti, potenzialmente molto fruttifera, non resterà a lungo scoperta.
La nostra non è una chiamata solo ai brand di moda top, ma ai marchi di tutte le fasce che vivono di trend setter e non si sono accorti di un bisogno tutto italiano: andare in bici in città ma con stile.
Per questo abbiamo bussato in casa Armani, ma siamo ancora fuori dalla porta. Nell’attesa che il Giorgio nazionale dia uno sguardo alla nostra proposta di creare una capsule collection dedicata ai ciclisti urbani, abbiamo deciso di pubblicare qui alcune slide del progetto.
Se vuoi approfondire il tema della moda sostenibile qui avevamo raccolto una lista di podcast a tema.