Qualche giorno fa, durante uno dei nostri giorni di formazione, abbiamo partecipato al workshop “SEO 360” alla SMXL di Milano, tenuto da
Ale Agostini, un vero e proprio guru in materia.
Ecco alcuni dei principali concetti appresi durante il workshop, che abbiamo potuto approfondire anche grazie alle slide (quasi una Bibbia!) di Ale Agostini.
1. Il SEO è prima di tutto pensare come Google.
“Fare SEO” significa mettere in atto tutte quelle attività che rendono un sito più rilevante rispetto ad altri su una o più tematiche, quindi meritevole di uscire nei primi risultati dei motori di ricerca (ranking) senza pagare.
È perciò necessario ragionare come Google e valutare il proprio sito in maniera oggettiva in base ai parametri usati dal motore di ricerca per decidere chi è primo o ultimo.
Il software di Google valuta i siti in base a oltre 200 parametri, riconducibili a tre macro categorie:
2. Title e description, la storia di un lungo amore.
<title> e <description> sono i meta più importanti in termini di visibilità nella SERP. Se presenti, le parole cercate vengono messe in grassetto nei 2 meta tags.
Sia title che description vanno creati secondo delle regole ben precise (lunghezza e ordine specifiche, senza ripetizioni, etc).
Le <keywords> nei meta stanno diventando sempre meno importanti e comunque non più necessarie, a differenza dell’ <alt image> (l’attributo ALT) ovvero la descrizione di un’immagine composta da più parole, letta dal crawler quando la pagina viene indicizzata (le immagini contribuiscono al ranking nella SERP!)
A tal proposito: cosa impatta sul SEO?
Quattro elementi chiave!
3. La prima pagina di Google è quella che interessa gli utenti.
Dati molto interessanti emergono da alcune statistiche SEO:
– la metà delle ricerche è fatta da 3 o più parole;
– parole chiave da 1 termine fanno più impression ma convertono meno in %;
– il 16% delle ricerche registrate ogni giorno sono completamente nuove a Google;
– più o meno il 70% degli utenti ignorano gli annunci a pagamento, focalizzandosi su quelli naturali;
– il 75% degli utenti non va oltre la prima pagina dei risultati di ricerca.
Inoltre diversi studi dimostrano come la prima posizione nella SERP genera CTR maggiore del 35% su desktop e mobile.
Altri studi dimostrano come le prime 5 posizioni raccolgono più o meno il 50% dei click dei click.
4. Google combatte ogni giorno (anzi ogni minuto!) con l’ambiguità della lingua.
A Google interessa che le persone continuino a cercare informazioni utilizzandolo e che siano soddisfatte dei risultati: il suo obiettivo è fornire agli utenti finali le risposte che stanno cercando in modo efficiente desumendo il loro intento.
Quando la query di ricerca inserita è ambigua, è Google stesso che disambigua il significato per fornire agli utenti risposte veloci, utilizzando entità e dati strutturati per determinare la correlazione.
5. Conoscere il comportamento del consumatore è fondamentale.
Sapere cosa l’utente cerca, quanto, con quale intento e altre informazioni a riguardo, è fondamentale per definire una strategia di keywords non solo per tutta l’attività di SEO e SEM ma anche per la content strategy, per la social media strategy e per le attività di marketing correlate.
Definire le nostre keywords di interesse è possibile, oltre che osservando il comportamento dell’utente, analizzando con attenzione sia la concorrenza che la SERP (anche attraverso le ricerche correlate, ovvero quelle suggerite da Google) e avvalendosi di strumenti come:
6. L’accessibilità di un sito mobile è un fattore SEO.
Gli utenti comprano e usano sempre di più smartphone e dispositivi mobili, ormai indispensabili strumenti nella vita di tutti i giorni: i motori di ricerca sanno da quale dispositivo parte una ricerca e differenziano i risultati anche in base al tipo di device.
Una delle prerogative fondamentali è che il sito mobile responsive sia veloce e in grado di caricare le pagine in maniera istantanea.
Come? Con l’AMP (Accelerated Mobile Pages), beta integrato nei risultati Google per migliorarne la velocità. Tecnicamente l’AMP esiste nel Cloud e usa un pre-rendering del contenuto limitando l’utilizzo di Javascript e il caching.
7. Robots.txt, questo sconosciuto.
Ne avete sentito parlare spesso ma ancora non avete idea di cosa sia.
Semplice: robots.txt è la prima cosa vista da Googlebot a cui segnala cosa indicizzare o meno di un sito.
Un file robots.txt è un file di testo memorizzato nella directory principale del sito (si trova digitando «dominio.it/robots.txt») che indica quali parti del sito non sono accessibili ai crawler dei motori di ricerca.
8. Attenzione quando nominiamo le URL!
Il nome della URL ha un’importanza medio-bassa, è importante però che sia breve e leggibile. Qualche parola chiave all’interno della URL aiuta, ma non sposta il ranking di mezzo centimetro.
È di primaria importanza evitare parametri dinamici ( (?ID=X) e usare con attenzione i sottodomini.
La maggioranza delle visite degli utenti transita prima dalla SERP: quindi il vostro consumatore prima legge i meta, poi (forse) la pagina.
9. Lo spam con Google ha vita breve.
Google ha un team antispam di migliaia di ingegneri che come unica attività cercano di individuare le tecniche che tendono a manipolare i risultati dell’indice, integrando nel software metodi che combattono e penalizzano gli spammer.
Google Inc. ha inserito lo spam nei fattori di rischio aziendale che vengono segnalati agli investitori.
È quindi buona norma ricordarsi di:
– creare pagine per gli utenti, non per gli spiders/crawlers;
– non fornire contenuti diversi ai motori di ricerca rispetto a quelli che mostriamo agli utenti (cloaking);
– evitare trucchi fatti solo per alterare il posizionamento nei motori di ricerca;
– evitare link/legami a siti di spam;
– non acquistare link: non solo è contrario alle linee guida di Google ma può portare anche a una penalizzazione grave del dominio.
10. La destinazione dei link è fondamentale.
Per valutare un sito, l’algoritmo di Google valuta attentamente i KPI legati ai link interni (al dominio), a quelli in ingresso (da altri domini verso di voi) e a quelli in uscita (da voi verso domini esterni).
Sui link in uscita è fondamentale puntare solo a siti autorevoli, in tema e di qualità, per diventare un riferimento. È importante ricordarsi inoltre che il contesto semantico conta e che è altamente sconsigliato comprare link o piegarsi a scambi e triangolazioni degli stessi: a Google non sfugge nulla.
I link in ingresso sono il “petrolio” del SEO, come li definisce Ale Agostini: aumentano il valore del sito, il PR e anche il ranking (quando sono link naturali).
Di questi link, Google considera più la qualità rispetto alla quantità e non devono assolutamente appartenere a link farm o a link network, altrimenti è meglio eliminarli.
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