Le emoji sono diventate in questi anni parte integrante del linguaggio quotidiano e sono protagoniste indiscusse anche nella comunicazione digitale: dalle chat, ai social, alle email sono ormai onnipresenti.
Unicode (il sistema di codifica che assegna un numero univoco a ogni carattere usato per la scrittura di testi, in maniera indipendente dalla lingua e dal programma utilizzato) le ha trasformate in un linguaggio universale valido in ogni angolo del globo, a prescindere dal Paese di provenienza.
La loro “importanza” è tale che dal 2014, ogni 17 luglio si festeggia la giornata mondiale dell’emoji: è stata scelta questa data perché l’emoji calendario presente all’interno dei dispositivi iOS mostra proprio il 17 luglio.
Nel 2015, il dizionario britannico Oxford ha scelto un’emoji come parola dell’anno, per la precisione la “faccina con le lacrime di gioia”, utilizzata per sottolineare una risata a crepapelle (rappresenta il 20% di tutte le emoji utilizzate nel Regno Unito e il 17% di quelle usate negli Stati Uniti).
Sulle origini delle emoticon, di cui le emoji sono una derivazione, ci sono però ancora parecchi dubbi: qualcuno ne attribuisce la paternità a Shigetaka Kurita, qualcun altro a Nicolas Loufrani. Nel 1971 Franklin Loufrani brevettò il primo smiley, utilizzandolo nel quotidiano France Soir per segnare le notizie positive. Oltre vent’anni dopo, suo figlio Nicolas, digitalizzò lo smiley e successivamente, in virtù di una partnership tra Loufrani e Alcatel, comparvero nei cellulari.
Oggi diversi brand utilizzano le emoji per comunicare con i proprio utenti e clienti e per aumentare l’engagement, ma esattamente, perché?
Sicuramente per svecchiare il tipo di comunicazione, per conversare con i propri target di riferimento in maniera più attuale e per essere espressivi nel modo più veloce possibile.
Le emoji rendono un messaggio immediatamente comprensibile e amichevole, ne rafforzano il significato grazie alla loro innata “espressività” e spesso il loro utilizzo può rendere più efficace anche una call to action: sono quindi spesso usate nei social post o in newsletter e DEM.
Oggi è possibile trovare, copiare e incollare le “faccine” da abbinare a email o social post da siti appositi:
Get Emoji
Emojipedia
Copy Paste Character
Twitter Emoji
Facebook Symbols
Sui social network i post con le emoji ottengono il 50% di reaction in più e un maggior numero di commenti e share rispetto a post che ne sono privi, e su Instagram e Twitter la maggioranza degli utenti si esprime utilizzando almeno due emoji a volta.
Per quanto riguarda le email, molte ormai contengono un’emoji nell’oggetto: questi simboli rappresentano l’unico elemento grafico a disposizione di aziende e brand per personalizzare il messaggio, con faccine, disegni e stilizzazioni varie per arricchire il contenuto.
Secondo uno studio condotto da Experian, il 56% dei brand che ha utilizzato le emoji nell’oggetto di campagne email ha riscontrato un aumento nel tasso di aperture.
Jess Nelson di Email Marketing Daily ha calcolato che l’uso di emoji nelle email è aumentato del 775% su base annua.
Questi piccoli ed efficaci elementi grafici, come abbiamo detto, possono conferire espressività e immediatezza alle comunicazioni effettuate via email e aumentare – in generale – l’engagement rate con il target di riferimento.
Esistono 5 modi di usare le emoji nell’oggetto di un’email
1. emoji iconiche per brandizzare l’oggetto;
2. emoji come rappresentazione visiva del copy;
3. emoji usate al posto di vere e proprie parole (es. il cuoricino al posto della parola “love”);
4. emoji “evocative”, tra le più utilizzate la sveglia, le fiamme e i fulmini;
5. emojii personalizzate, utili e funzionali per un’azienda e soprattutto distintive.
(Esistono parecchi siti e App che permettono di realizzare emoticon e stickers personalizzati).
Una volta scelta la tipologia di emoji da utilizzare nell’oggetto delle email, come è meglio procedere?
Innanzitutto è fondamentale conoscere il corretto significato di ogni singola faccina, onde evitare strafalcioni nella comunicazione.
Può rivelarsi inoltre molto utile studiare i competitor per capire quali utilizzano e quando scelgono di inserirle nelle email.
Ecco 4 consigli su come usare le emoji nell’oggetto di una newsletter o di una DEM senza commettere errori e scivoloni.
1. Considerare sempre il target e il contesto di riferimento: è fondamentale essere consapevoli dell’identità del proprio brand e conoscere il pubblico a cui stiamo ci stiamo rivolgendo.
2. Usare le emoji con parsimonia senza esagerare e abusarne e ma soprattutto evitando di sconfinare in significati complicati da decifrare.
3. Sperimentare attraverso A/B test quali emoji funzionano meglio in termini di tasso di apertura, click, ecc.
4. Prima di inviare, verificare la compatibilità delle emoji sui diversi client di posta e dispositivi mobile: qualora non fossero compatibili infatti, i vostri utenti visualizzerebbero il fastidiosissimo quadratino vuoto.
Su quest’ultimo punto per esempio, nonostante il supporto delle emoji sia quasi universale, a eccezione di Outlook 2003 alcuni dispositivi come Outlook.com e iOS, rimpiazzano alcune faccine con la parola “emoji” o con piccoli segni grafici sostitutivi.
Un’altra accortezza che vi suggeriamo di seguire è quella di iniziare con l’invio di email con emoji nell’oggetto a piccole liste di utenti, per testare le prime reazioni, ed evitare di inviarle all’intero database.
Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per le emoji. 👩🏼🚀 🌓
Photos by Bernard Herman – Lidya Nada – Max Ogden on unsplash | Thanks