Dai recenti dati di Deliveroo traspare come nell’ultimo anno gli ordini di hamburger in Italia siano cresciuti del 139%. La piattaforma ospita circa 20.000 tipi di panini e più di 2.500 ristoranti che li offrono in menù. Se l’hamburger di carne continua a farla da padrone, cresce sempre di più l’interesse per i burger vegetariani: +97% nell’ultimo anno.
Un mercato competitivo, che dal 2015 ha visto entrare un nuovo player estremamente aggressivo, sia per la strategia comunicativa che per la velocità con cui si è conquistato una grossa fetta del mercato italiano. Stiamo parlando di Burgez, catena nata nel 2015 dall’intuizione dell’imprenditore Simone Ciuffaroli e della chef Martina Valentini. L’hamburgeria oggi è valutata circa 50 milioni e vanta 20 punti vendita in tutta Italia (e una decina che apriranno prossimamente).
La comunicazione disruptive di Burgez
Quello che differenzia Burgez dai competitor è sicuramente la violenta operazione di branding che lo posiziona come il bad boy di un settore altrimenti orientato al mercato delle famiglie. La “Z” di Burgez è quella della Gen Z, il target che ha aperto all’impresa di Ciuffaroli l’olimpo dei panini, occupando il posto lasciato scoperto da Burghi negli anni ’90.
I colori accesi e ad alto contrasto, il font extrabold, il logo che non è un logo ma un claim in inglese approssimato, un copy che non è un copy ma letteralmente un place holder in un ribaltamento del paradigma che potrebbe essere piacevolmente surrealista se non fosse per le numerose cadute di stile. Gli shit storms negli ultimi anni non si contano: c’è stato il caso del post che insulta i follower, quello del post sessista, quello su Harvey Weinstein, il post razzista, quello negazionista.
Ciuffaroli spiega i valori del brand così: “Dietro Burgez c’è un ventenne brufoloso, nerd, incurante, che risponde come preferisce, usa meme e fa pubblicità comparativa. È come se non ci fosse dietro una srl, ma questo ragazzino senza responsabilità.”
Ma nonostante i passi falsi di Burgez, la sua scalata prosegue. C’è chi lo odia e chi lo ama, ma chi lo ama è giovanissimo e molto attivo sui social, canali dove il brand presidia quasi esclusivamente con User Generated Content, trasformando migliaia di giovani clienti in ambassadors da Milano a Napoli.
Le provocatorie campagne out of home di Burgez
Ma facciamo un passo indietro e compariamo la strategia di Burgez con quella dei big del settore, sia in termini di fast food che di marketing disruptive.
Il marketing disruptive di Burger King
Da qualche anno Burger King si sta costruendo una personalità audace e irriverente nel mercato dei panini, sfidando alcuni dei pilastri comunicativi del settore. Rischiare in pubblicità porta a risultati polarizzati, ma è molto importante se si punta alla brand awareness prima ancora che alle vendite. Per usare un detto americano: “there’s nothing such as bad publicity”: l’importante è che se ne parli. Burger King da sempre gioca sulla rivalità con McDonald’s, essendo gli Stati Uniti un luogo in cui la pubblicità comparativa è ampiamente usata (da noi “solo se è veritiera” e Burgez ci gioca abilmente).
Nel 2018 lanciava una campagna per cui chiunque si trovasse a meno di 200m da un McDonald’s poteva sbloccare un’offerta sull’app di Burger King e acquistare un Whopper (il corrispettivo del concorrente Big Mac) ad 1cent. Nel 2019 offriva un panino gratis a chiunque “bruciasse” metaforicamente un’affissione del competitor: puntando lo smartphone verso le affissioni, appariva un’animazione che le trasformava in uno spot di Burger King. Sempre nel 2019 veniva lanciata una campagna che ironicamente mostrava come “dietro ad ogni Whopper c’è un Big Mac” ringraziando il concorrente per averli sostenuti (having someones’ back) per tutto il 2019 e al tempo stesso mostrando come gli hamburger di Burger King siano più grandi.
Un altro esempio più sottile ma molto potente di questa querelle è la campagna “Moldy Whopper” del 2020, un video in timelapse che mostra la decomposizione di un Whopper per un mese, giocando sulla leggenda che i panini Mac Donald’s non di decompongono neanche dopo anni. Un adv di questo tipo non solo sfida i principi del marketing del food & beverage (freschezza e bontà) ma si innesta nella conversazione più ampia su come i brand di fast food sfalsino le immagini degli ingredienti usando olio motore, crema da barba e abbondanti quantità di lacca per capelli. La caducità del panino di Burger King serviva per comunicare la decisione della catena di rimuovere i conservanti artificiali dal suo hamburger di punta.
L’ultimo esempio di marketing innovativo che portiamo è più incentrato sull’interazione tra il brand e i suoi consumatori. Con la campagna globale “Confusing”, nel 2022 Burger King ha preso un piglio artistico per raccontare i suoi nuovi prodotti di origine vegetale. Nel video Burger King espone ironicamente alcuni paradossi e dicotomie dei tempi in cui viviamo: è un periodo storico in cui ci sentiamo confusi, così come confondono i prodotti pant based di Burger King che sono saporiti tanto quanto quelli a base di carne. Il video è corredato da una campagna visual in cui David Madrid ha chiesto ad un fotografo di cibo e un food stylist di ritrarre parti delle verdure in modo da farle sembrare carne. L’idea è quella di creare immagini artistiche che incitino le persone a chiedersi se si trattasse di carne o di verdure.
Il fioretto di Burger King o il badile di Burgez?
Dove Burger King fa una comunicazione provocatoria ma sempre in punta di fioretto, strizzando l’occhio sia ai competitor che ai consumatori, Burgez entra col badile usando un umorismo spiccio e modi, per l’appunto, da “ventenne brufoloso, incurante, che risponde in maniera volgare”.
Un’altra grande differenza tra Burger King e Burgez è che la prima prende per i fondelli i competitor, la seconda i propri clienti.
Sono due modi completamente diversi di usare l’umorismo in pubblicità: uno sottile e l’altro greve. Entrambi peraltro efficaci, visto il successo in terra nostrana dell’hamburgeria per Gen Z. Viene da chiedersi quanto il secondo modello sia però sostenibile sul medio-lungo termine. Quanto può andare avanti Burgez a scioccare con la propria comunicazione irriverente?
Noi aspettiamo curiose le prossime mosse del brand più mascalzone d’Italia ma nel frattempo scegliamo di comprare il nostro junk food altrove (o di non comprarlo proprio). E vi lasciamo con la pubblicità fast food più simpatica di tutte, che non è né di Burger King né di Burgez, bensì di Wendy’s, il terzo big player americano in fatto di hamburger, che prende in giro la segretezza degli ingredienti delle ricette di Mc Donald’s.