I social media sono da almeno un decennio il nostro mezzo di comunicazione preferito. Dalla tredicenne che usa TikTok per raccontarsi, al quarantasettenne leone da tastiera che pontifica su Facebook; dall’artista che posta le sue opere su Instagram, al politico che fa propaganda su Twitter. Clubhouse, l’ultimo social network arrivato – e già semi abbandonato – si basa esclusivamente sulla chiacchiera, andando ad alimentare le tantissime (troppe?) voci del cacofonico mondo dei social media.
Ma premesso che la libertà di parola è uno dei diritti fondamentali dell’umanità, davvero è positivo avere sempre qualcosa da dire o da ridire? Quantomeno nell’era pre-social nostro zio brontolone e un po’ rinco ammorbava solo il povero barista del paese, mentre ora si ritrova con un megafono digitale in mano, che rimbomba potenzialmente attraverso tutto l’internet chiamando a raccolta tutti gli altri scioccati come lui.
Ma qual è la soluzione? Eliminare tutte le app social dal nostro smartphone? Tirare fuori il vecchio 3310 dal cassetto, che tanto funziona ancora e ha una batteria che dura una settimana?! Vendere tutto e trasferirsi su un’isola minore per darsi alla pesca e all’agricoltura? Ecco, noi in agenzia avremmo trovato un’idea che risolve il problema in maniera trasversale: abbiamo ideato un nuovo, indispensabile, social media che ci eviterà di dire o sentire baggianate sui social.
La soluzione definitiva ai social epic fail: il nostro social MUTE
Per evitare queste e tantissime altre opinioni non necessarie (in primis le nostre!) abbiamo ideato un nuovo concept di social network. Vi presentiamo MUTE, il nuovo a-social network che invita gli utenti a incontrarsi in stanze private o pubbliche per stare in silenzio.
- È alternativo, esorta al silenzio quando tutti i social incoraggiano le conversazioni, indipendentemente dalla qualità.
- È balsamico, giova alla salute delle persone e del pianeta
- È sostenibile, zero sprechi di parole ed energie che generano tonnellate di spazzatura.
- È per tutti, non è mai troppo tardi per tenere la bocca chiusa.
MUTE: La tua opinione non conta.
Lungi dall’essere un social che limita la libertà di espressione degli altri, è invece utile per dare un freno alla propria lingua. MUTE invita a pensare prima di parlare, a contare fino a 10 prima di esprimersi con megafono, a mettersi in MUTE. Non è una censura ma un’autocensura, abbiamo abbastanza canali social, quello che ci manca è lo star zitti.
Social o asocial?
La verità è che siamo dipendenti dai social, non riusciamo a smettere di usarli anche se vorremmo. I social network non sono solo un luogo dove postare foto scintillanti e opinioni non richieste, sono parte integrante della nostra vita e della società. Tornare al 3310 non è più una soluzione pratica né realistica, ormai il mondo digitale fa parte del mondo reale e come in tutte le cose della vita serve trovare una quadra che lasci intatta la nostra salute mentale. Un’equilibrio dinamico che crediamo possa passare dal pensare prima di parlare e dal selezionare bene cosa leggiamo o ascoltiamo. E se voleste tuffarvi ancora più a fondo nell’etica e nella filosofia del mondo digitale, vi consigliamo questo articolo del Post sul Metaverso, il futuro del mondo digitale.
Ma prima di lasciarci, come non rinforzare la necessità di entrare tutti in MUTE con una carrellata delle peggiori uscite sui social e sul web?
5 social epic fail degli ultimi anni
Dolce e Gabbana dichiarano guerra alla Cina
2018, video spot della casa di moda sui social: una modella cinese tenta di mangiare un cannolo siciliano con le bacchette mentre una voce fuori campo allude al fatto che il cannolo sia troppo grande da maneggiare, per qualcuno non abituato a quella dimensione. Che dire, l’hanno toccata pianissimo. Più che una “gaffe” uno sfacelo mediatico che è riuscito nella difficile impresa di inimicarsi contemporaneamente 1.4 miliardi di cinesi e la metà femminile della popolazione mondiale. OK. La gestione della crisi ha gettato ulteriore benzina sul fuoco, generando boicottaggi, cancellazione dello show di Shangai e video di scuse ufficiali da parte dei due stilisti. Oupsy.
Il Fertility Day 2016 del Ministero della Salute
Questo social epic fail brucia ancora quando ci si pensa. È il 2016 quando il Ministero della Salute pubblica un opuscolo e varie card digitali con indicazioni sugli stili di vita corretti da adottare per prevenire l’infertilità. I visual da banca immagine fanno male agli occhi oltre che essere palesemente razzisti, mentre il copy è stigmatizzante verso le donne che non hanno ancora figli, come se il calo delle nascite fosse colpa della loro emancipazione e non nelle carenze del sistema di welfare. Per chi non si ricordasse questo momento veramente basso della comunicazione istituzionale del nostro paese, Inside Marketing ne faceva un’analisi semantica e comunicativa puntuale.
Imen Jane – un po’ economista, un po’ giornalista, un po’ cialtrona
Imen Boulahrajane in arte Imen Jane è una delle fondatrici di Will Media, uno dei nuovi (e validi) player in fatto di informazione social. Nonostante tutte le ottime premesse, quest’estate Jane si è resa protagonista di un’uscita classista veramente poco felice sui social. Dopo aver chiesto ad una cameriera la storia del locale ed essersi sentita rispondere “non sono pagata abbastanza per imparare anche la storia dei muri”, Jane le suggerisce di leggere e imparare di più, sai mai che possa guadagnare meglio come guida turistica. Il tutto documentato via Instagram stories. Il backlash mediatico è stato persino peggio di quella volta che ha mentito sulla sua laurea in economia.
Lo sfogo di Roberto Angelini – musicista ristoratore denunciato per sfruttamento del lavoro nero.
Ancora più paradossale il social epic fail di Roberto Angelini, musicista del programma satirico Propaganda Live. Non solo il programma di Diego Bianchi da sempre racconta le storie degli ultimi, ma fa anche satira social, prendendo in giro quei politici che inciampano in gaffes online un po’ da boomer. L’internet non dimentica mai, e infatti nessuno si è perso lo sfogo su twitter (poi rimosso) del cantante e ristoratore, che inveiva contro quell’ingrata “pazza incattivita dalla vita” della sua dipendente che aveva osato denunciarlo per lavoro nero. Come sempre: prima di pubblicare contenuti ci sarebbe da contare fino a 100, specie quando si ha torto.
Menzione speciale: tutto l’account di Gasparri, dal 2011 a oggi
Gasparri su Twitter è la personificazione digitale dello zio brontolone e un po’ rinco di cui sopra. L’aggravante è che è arrivato ad essere vicepresidente del senato e che, in teoria, parla a nome della Nazione. Il suo profilo e le sue uscite sono contemporaneamente naïf, boomer, iper aggressive, sessiste, populiste e spesso completamente non-sense. La lista è veramente infinita: dall’accusare le cooperanti Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, rapite in Siria nel 2014, di aver fatto sesso con i guerriglieri a “Trattengono i Maró ammazzano suore, terre lontane, terre diverse ma terre di inciviltà DICIAMOLO”; dal litigare con Puffo Brontolone a “Fa piacere mandare a …. gli inglesi, boriosi e coglioni”. La lista potrebbe continuare all’infinito, Wired ne aveva raccolti un po’ tempo fa.